Appena viste le prime foto di scena tremendamente sexy di American Hustle, ci è venuto in mente per un attimo il film di Milos Forman su Larry Flint, il famigerato editore scandalistico della rivista Hustler.
A parte le vaghissime assonanze del titolo però, l’ultimo lavoro di David O. Russell non ha niente a che fare con il magazine del celebre magnate porno impersonato nel ‘96 da Woody Harrelson. Uno dei grandi meriti di questo film, del resto, è proprio quello di non assuefarsi solo al fascino patinato e da copertina delle bellissime Amy Adams e Jennifer Lawrence. Anzi, con un incedere coinvolgente e conturbante, American Hustle esalta e studia la carica sensuale dei portamenti delle sue protagoniste per calarlo in un gioco di doppi e tradimenti inaspettato.
Più che le truffe e gli imbrogli della malavita, nel film di Russell finiscono per sedurre soprattutto gli inganni e i bluff sentimentali, che – alla fine – creano una struttura capillare e incrociata dove l’infedeltà a carte scoperte è vista soprattutto come una forma d’amore e di controllo sadico e irrazionale.
Pur calandosi nelle ambientazioni perfette della mafia di fine settanta, infatti, David O. Russel non crea universi sovrappopolati e autarchici di italoamericani come Scorsese in Casinò o Quei bravi ragazzi.
Il regista dell’ottimo Three Kings esaspera la drammatizzazione delle parrucche e gli abiti anni’70 dei protagonisti, ma ciò non tanto al fine di immergere lo spettatore nel clima dell’epoca, quanto piuttosto per proiettarlo nella ricerca -più astratta- della forma che renda più epica e paradossale la maschera indossata dagli attori nei rispettivi giochi di coppia con i loro partner.
La stessa macchina della truffa criminale in senso stretto sembra essere molto più innocua e con molti meno colpi di scena di quanto non faccia pensare il trailer ufficiale del film che gira da mesi ormai in rete.
In questo senso le vicende di cronaca vera da cui il tutto prende spunto sembrano un pò un pretesto. Un pò come quelle del serial killer David Berkowitz in Summer of Sam di Spike Lee. Anche lì le parrucche e gli abiti ultra sexy presero il spravvento per autodisciplinarsi in un gioco privato e massacrante.
Leggendo delle vicessitudini personali del regista, sembra che Russell abbia messo molto del suo rapporto con l’ex moglie nella costruzione del personaggio di Irving Rosenfeld, qui interpretato magistralmente da Christian Bale. L’appeal e l’incredibile sicurezza del suo “riporto”, potrebbero benissimo portarlo all’Oscar.
In generale dopo il successo commerciale de il Lato Positivo Russell, non sembra affatto intenzionato ad abbandonare le forme e il ritmo di una produzione per il grande pubblico. Nella sostanza però, come i suoi eroi di Three Kings continua a cercare la sua personalissima idea di tesoro cinematografico in percorsi avventurosi e insoburdinati.
la preferenza accordata alle relazioni sentimentali, e più in generale a quelle umane, piuttosto che all’epica alla padrino sta anche nella frase che dice Irving quando il gioco si fa troppo grande e sporco: “ci siamo sempre trovati bene ad agire tenendo un basso profilo”, o una cosa del genere. Però, secondo me, tutto il film è invece un grande fuoco d’artificio, una sarabanda adrenalica di persone che tutto vogliono fuorchè essere normali. E allora anche il minimalismo finale, quello che è stato chiamato il ritorno al principio di realtà, pare assumere più che altro la forma di una malinconia