di Fabrizio Funtò/Volevo segnalarvi questa volta non un film, ma un trend pubblicitario. Sul piccolo schermo.
Non lo avrò certo notato solo io, ma le società di creativi che inventano in questi ultimi tempi le pubblicità per il nostro mercato nazionale stanno — come si dice in gergo — sdoganando la menzogna.
Oppure stanno semplicemente entrando in sintonia profonda con il loro pubblico di più affezionati?
Sta di fatto che la menzogna, la bugia, la bufala, sono diventati il tema fisso di molte pubblicità: “innocenti bugie”. Ma che poi alla fine innocenti non lo sono mica tanto.
Faccio qualche esempio a memoria: ti cospargi il viso di farina e quando gli amici arrivano sembra che hai appena sfornato una gustosa pizza ottenuta con fatica e abilità da cuoco navigato: macché, tutto surgelato e precotto! Oppure ti alzi di continuo la notte è la prostata, ma conti palle a tua moglie che si spazientisce nel letto.
O ancora c’è lo zio che ti ferma versandoti un bicchierino d’amaro, e ti chiede se sei sincero con la tua fidanzata che sta andando via dalla cena, arrabbiata. Tu dici “si”, e lui (Andy Garcia) si volta verso la telecamera e irride alla tua sincerità. Mai dire la verità…
Insomma, se non menti non sei nessuno. E se sei un essere umano senza qualità, o senza freni prostatici, e non hai tempo e non sei buono per fare nulla, allora il prodotto di mercato ti dà un “aiutino”.
E’ più importante saper vendersi che essere. Più importante smerciare la roba altrui come propria — mai la farina del proprio sacco — soprattutto quando il suo culo (del sacco: unico caso in cui questo termine è linguisticamente corretto e perfino dotto) è completamente vuoto.
Essere o apparire. Essere o avere.
Questo dirà pur qualcosa sullo slittamento — o forse sarebbe il caso di dire “smottamento” — del carattere del popolo italiano. E di un’etica oramai palesemente in affanno, quando non del tutto corrotta.
Devo confessarvi che lavorando fuori d’Italia, dopo l’avvento al potere di Berlusconi abbiamo avuto un gran daffare a tenere alto l’onore del nostro Paese. Commenti e risatine si sprecavano. Dio non voglia che Donald Trump diventi presidente degli Usa, e qualche sassolino — vi giuro — me lo leverò volentieri dalla scarpa.
Infatti, se oggi vi dovesse capitare di venir introdotti in ambienti che non vi conoscono e non vi apprezzano da lunga data (questo è, per il vero, la condizione di molti professionisti italiani all’estero), ma siete nuovo di un ambiente e vi presentano come “l’amico italiano”, l’idea istantanea che si fanno i vostri interlocutori è quella di un poveraccio in trasferta pronto a vendersi entrambi i genitori pur di alzare, spesso con la frode, qualche lira. Italiani bugiardi. Gente di cui non fidarsi.
Sempre relata refero, alcuni giapponesi mi hanno confessato che loro adorano trattare con gli italiani, perché dopo i primi momenti di durezza e prosopopea, dove il prezzo rimane inalterato, poi i commercianti di professione (non i professionisti) calano fino ad arrivare alla metà del prezzo iniziale, facendo una figura barbina. E spesso scendono anche al disotto.
Visti da fuori, siamo spassosi. Visti di lato (noi stessi che guardiamo nostri connazionali intenti in queste trattative) siamo patetici.
Ma — e qui non capisco veramente perché — visti da dietro siamo dei “fichi”. Più uno è “sborone” (non so esattamente cosa il termine significhi o se sia appropriato, lo traggo dal linguaggio “giovanile”), più frega gli altri, e più è apprezzato.
Questo vale per gli italiani residenti in Italia che si recano all’estero per affari. Perché invece gli italiani residenti permanentemente all’estero cambiano la loro mentalità in un microsecondo, si conformano prontamente anche a rigidissime regole, come quelle anglosassoni, e sono attivi, efficienti, affidabili e spesso geniali.
Ma, ritornati in patria e riaccolti nel seno della loro comunità vaniloquente, non vedono l’ora di darsi una spolverata di farina in faccia, estrarre dal super-congelatore la vaschetta ignobile, buttarla nel forno e telefonarti a casa per invitarti ad una pizza casareccia. Rifilarti un bicchierino di amaro e, se rimani a dormire, occhio alla prostata!