Le retrospettive sul poliziottesco e sullo spaghetti western degli anni passati hanno generato una nuova passione popolare per il film di genere e i suoi protagonisti celebrati dalle infinite collane in dvd dell’edicola sotto casa. La presenza di qualche musicarello nella retrospettiva di quest’anno sembra aver sortito lo stesso effetto, questa volta addirittura con uscite in edicola in anticipo rispetto al passaggio veneziano.
I due musicarelli di Modugno sono in realtà di pasta ben diversa l’uno dall’altro. Il primo, Nel blu dipinto di blu (1958), è un lavoro d’occasione prodotto sull’onda del successo sanremese dello stesso anno. Film eponimo che porta, tanto per esser chiari, lo stesso titolo del brano con cui Modugno strappò applausi festivalieri grazie all’inconsueta postura delle braccia spalancate, aperte in volo, e il cui testo fu scritto da Franco Migliacci ispirandosi ai quadri di Marc Chagall e ai suoi personaggi volanti, metà blu e metà bianchi. Piero Tellini, regista di soli tre film (Prima di sera, del 1954, con Paolo Stoppa, il migliore), ma sceneggiatore di alcuni dei più grandi successi commerciali del dopoguerra (Il bandito, Napoli milionaria, Filumena Marturano, ma anche, in precedenza, Quattro passi tra le nuvole, Campo dei fiori) si circondò di colleghi eccellenti. Il nome di Cesare Zavattini tra quelli degli sceneggiatori di un musicarello non è poi così strano se si pensa che erano, quelli, anni di riflessione più che di azione per il maestro di Luzzara e che probabilmente lui e Ettore Scola, conoscenti di vecchia data e in passato entrambi collaboratori della rivista romana Marc’aurelio, portavano in dote alla scrittura del film proprio quella dimestichezza con Roma e con gli ambienti romani che Tellini mette in scena.
Girato parte nei rioni ricostruiti in teatri di posa e parte per le strade dei nuovi quartieri ancora in costruzione come l’EUR, la storia di Turi, giovane cantastorie “scanzonato” che tira a campare suonando la chitarra nelle osterie, è un po’ la storia dello stesso Modugno che giovane pugliese emigrante salì a Roma per tentare la sorte del corso di attore al Centro sperimentale e mentre studiava suonava nelle osterie di Via Margutta a mille lire a sera. Ma Nel blu dipinto di blu non è solo nostalgia e exploitation: è anche sua maestà Vittorio De Sica che recita con semplicità il ruolo del saggio consigliere, senza troppa fatica (non è mica il generale Della Rovere); è anche le migliori canzoni di Modugno eseguite per strada, al volo, quasi a braccio, senza spezzare troppo il filo della narrazione.
Di tutt’altro tono e sostanza Tutto è musica, stavolta sul serio la vita di Modugno e qualcosa in più di un film di genere. Siamo nel 1963 e Modugno ha speso gli ultimi anni girando il mondo sull’onda del successo, riuscendo a sentire, come lui raccontò, gli spazzini del Michigan cantare Nel blu dipinto di blu. È un film cui il cantautore/attore pensava da tempo e oltre a raccontare la propria biografia racconta anche “che il rumore di un martello pneumatico, il getto di una fontana, lo sfrigolio di una saldatrice, tutto è musica”. Circondato degli amici migliori e finanziato da Angelo Rizzoli, Modugno romanza la sua vita con la prepotenza, la sicurezza e la personalità che gli erano proprie. Lasciando un graffio d’autore nella lunga e alterna collana del musicarello.