La felicità esiste anche quando è ammantata dal lutto e dalla morte. Questo è il caso della favola moderna Rusalka (Sirena) della regista russa Anna Melykian, presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino. Come la commedia Happy-Go-Lucky anche questo film, racconta la storia di una giovane individualista che con fantasia e charme riesce a risolvere le difficoltà della vita. La protagonista Rusalka è una ragazza di circa nove anni che vive con la madre e la nonna in riva al mare. La piccola “sirena” è stata concecepita sott’acqua, una curiosità che forse spiega le sue doti magiche: può far crescere le onde del mare, far venire le tempeste e causare incidenti. Questi doni in qualche modo compensano l’assenza del padre, un marinaio che non si è fatto più vedere e che appare solo nei sogni surreali della piccola. D’altra parte, il suo essere diversa dagli altri bambini la fa soffrire e le procura sensi di colpa, anche perché non riesce ancora a gestire bene il suo dono (quando si arrabbia, per esempio, procura incidenti). La piccola “sirena” non esita a mettere a fuoco la casa dove la madre fa l’amore con il primo venuto o a dichiarare sonoramente al telefono che sua nonna, vitale e seduta davanti a lei, è già morta.
La famiglia si trasferisce a Mosca per cominciare una nuova vita e Rusalka, che adesso ha diciassette anni e ha cominciato a lavorare, scopre il mondo caotico ed eccessivo della metropoli. Seguendo la giovane durante i suoi percorsi attraverso la città (come lavoro pubblicizza telefoni mascherata da cellulare) il film ci mostra la Mosca contemporanea e le sue contraddizioni: il centro trafficato e l’hinterland, supermercati di lusso e gente povera, lavoro precario e l’invasione pubblicitaria (che talvolta è surreale, come quella per comprarsi un pezzo di terra sulla luna). La vita moscovita per la famiglia è piena di difficoltà e di mancanze, ma attraverso gli occhi della giovane “sirena urbana” queste esperienze si trasformano in avventure: Mosca per lei è la città dei sogni e dei desideri.
Nel film questa percezione poetica della città si traduce in un linguaggio cinematografico ricco di dettagli e di colori. Nonostante quest’approccio fantasioso e bello da vedere, però, il film non riesce a spiegare in modo autentico il passaggio della protagonista da bambina a donna: Mosca dovrebbe forse essere anche la città dell’amore e della maturità? Pensando alla favola La piccola sirena del poeta danese Hans Christian Anderson si può tentarte di indovinare il proseguimento: Rusalka salva la vita a un giovane uomo che conduce una vita da dandy urbano, e s’innamora di lui. L’amore della ragazza per il “principe urbano” somiglia più all’amore di una sorella per un fratello maggiore e, infatti, non viene corrisposto se non quando è troppo tardi. Rusalka, felice e sollevata dopo aver salvato la vita per la seconda volta all’amante, muore in un incidente stradale e per lo spettatore, immerso fino ad allora nel mondo fantastico di questa figura, è un vero colpo al cuore. La sirena deve essere sacrificata per chiudere la favola: peccato, però, morire prima di diventare donna…
Uno dei film più belli che ho visto quest’anno.