Racconto di formazione di un bambino dalla sensibilità non comune, Gli arcangeli è un film che è stato ben esemplificato dalle parole del regista stesso come la storia di una coppia in cui lui, Christian (Andrea Riva), percorre un viaggio in profondità nella sofferenza e nella violenza mentre lei, Marlena (Francesca Inaudi), al contrario, è avviata all’emancipazione dal dolore e alla conquista di un nuova serenità. Due traiettorie apparentemente opposte, divergenti, ma che il film riesce a cogliere nel loro punto d’incontro quando la comprensione dell’uno diviene compassione, condivisione empatica della sofferenza.
Girato in digitale, formato 16:9, in meno di tre settimane tra il gennaio e il febbraio 2004 a Tortona, provincia di Alessandria, Gli arcangeli è una piccola produzione indipendente che solo oggi trova adeguata visibilità. Presentato allo scorso MIFF – Milano International Film Festival, dove ha conquistato il premio per il miglior attore, il film mostra un coraggio artistico non comune e una concezione del cinema come sfida allo spettatore che lo pongono su un piano altro rispetto ai lavori ammiccanti di cui è pieno il panorama commerciale.
Un cast tecnico e artistico composto da trentenni, tutti già con importanti esperienze professionali alle spalle. Unica eccezione, la presenza tra gli attori principali del generoso e disponibile Franco Branciaroli, già interprete di Carmelo Bene, Luca Ronconi e Giovanni Testori per il teatro e di Tinto Brass, Antonioni, Faenza e Cristina Comencini per il grande schermo. Una troupe giovane e determinata che in poco più di quindici giorni effettivi di riprese ha allestito numerosi set in altrettante locations, operando in condizioni di grande creatività. Merita una nota il lavoro del direttore della fotografia Fabrizio Bracci, chiamato in extremis a sostituire il più navigato Sergio Salvati, collaboratore storico di Lucio Fulci e già direttore del precedente lavoro di Scafidi, costretto alla rinuncia a pochi giorni dall’inizio delle riprese.
Il 10 gennaio scorso la commissione di vigilanza del ministero ha imposto a Gli arcangeli il divieto di visione ai minori di 18 anni probabilmente perché le immagini contenute nella pellicola sono state considerate poco educative.
Comprensibili preoccupazioni per le sorti distributive a parte, il lavoro di Scafidi si è guadagnato “l’onorificenza” della censura grazie alla totale assenza di concessioni al pubblico e alle mode. I numerosi nudi integrali o i rapporti sessuali consumati meccanicamente, con brutalità e senza sentimenti positivi, sono calati in una narrazione costruita su dialoghi che oscillano senza mezze misure dal banale all’enfatico e che procede per accostamenti di quadri semi-indipendenti, non raccordati su logiche di causa-effetto e sulle azioni, ma sui significati e sulle metafore. Nelle singole scene la finzione è esasperata fino alla teatralità (non è un caso se il cast artistico è tutto di estrazione teatrale): recitazione teatrale, con gli attori che arrivano a muoversi come marionette, e ripresa teatrale, con la macchina che inquadra fissa e in campo lungo quasi a trasformare il set in palcoscenico. Gli arcangeli è un canto lirico della decadenza dell’uomo europeo contemporaneo; della sua accondiscendenza nei confronti dello sfruttamento pornografico dei corpi e del lavoro; della sua ricerca del piacere in pratiche che contemplano il dolore e la violenza. La “filosofia morale” e la riflessione sull’estremizzazione a cui rimandano le immagini suggeriscono che siamo dentro l’estetica del brutto, ovvero su un piano di attenzione ai sentimenti suscitati dal disgusto e dalla ripugnanza. Allo stesso tempo il film è anche un incitamento alla speranza, riposta nella figura femminile e rappresentata dal personaggio di Marlena: accettare con amore i propri errori e usare il dolore come strumento di conoscenza per comprendere le proprie e le altrui debolezze.
Un lavoro ambizioso, quindi, che non propone eroi positivi, ma educa a una molteplicità di immagini cinematografiche possibili. Con simili presupposti un veto del Ministero (cui è già stato opposto ricorso) era quasi scontato. “La cultura è la regola, l’arte è l’eccezione: è proprio della regola cercare la morte dell’eccezione”: assioma ripetuto all’infinito da Godard, il regista che considera Mozart l’unico padre spirituale possibile per la cultura della nascente nazione europea.
Mozart più del cristianesimo. Scafidi, in un film colmo di riferimenti alle sacre scritture e in cui le immagini scorrono accompagnate da opere liriche, musica classica e musiche sacre (Mascagni e Bach), ricorre proprio al Dies Irae della Messa di Requiem di Mozart per esemplificare un declino, estraendo il brano da un’esecuzione avvenuta a Roma nel 1942, durante il secondo conflitto mondiale. Il richiamo è allo scontro tra forze opposte in tensione tra loro: bianco e nero, compassione e disprezzo, amore e violenza. Una tensione distruttiva per il personaggio di Christian e costruttiva per quello di Marlena, ma che in ogni caso viene rappresentata tramite una fotografia cupa e fredda. Esemplifica bene questa ricerca di immagini crude, la scelta di citare (come già Pasolini e più recentemente il russo Zvyangintsev ne Il ritorno) la pittura de Il Cristo morto del Mantegna, con la figura di Maria che da piangente diviene attiva e tira a sé il corpo di Christian/Cristo.
Nato dalle riflessioni private di Simone Scafidi e di Andrea Riva sul libro Le regole dell’attrazione di Bret Easton Ellis, Gli arcangeli trattiene nel contenuto solo qualche reminiscenza del testo, mentre ne preserva, per alcuni personaggi, lo spirito di trasgressione a tutti costi, traslando l’ambientazione dal college americano degli anni Ottanta alle attuali università italiane. Il film mostra alcune immagini bellissime (la crocifissione del protagonista sullo sfondo di un paesaggio invernale), ma anche qualche scena retorica e simbolicamente inefficace (la sequenza del bambino che esclama ripetutamente “Dio ha creato solo dolore” sullo sfondo di un quarto di bue mentre viene chiuso in una cella frigorifera). È un film, Gli arcangeli, che disturba e scuote la sensibilità degli spettatori, ma in nessun caso lascia indifferenti.
Seppur nel pieno rispetto dell’opinione di chi ha scritto la recensione, motivata e, peraltro, ben scritta, mi trovo onestamente di tutt’altro parere – addirittura tanto da temere di aver visto un altro film.
Ho trovato Gli Arcangeli ridicolo e inutilmente pretenzioso, un lavoretto studentesco e didascalico, privo di sceneggiatura e, più che fastidioso, tragicamente tedioso.
Ammetto che ci sono sequenze memorabili, da tramandare ai posteri in cerca di facili risate (la clamorosa scena dell’ombrello ed il grido “Guardatemi” su tutte, scena Vanzinesca di grande effetto).
La sensazione è che Scafidi abbia, come molti, letto Dostoevski. Che abbia, come alcuni, provato a metterlo in scena. Che abbia, come pochi, creato un’atrocità di luoghi comuni assai triti, perversioni da hard discount (e non, come si vuole, da discount dell’hard) e dialoghi da asilo nido in un italiano irreale.
Mi domando, in ultimo, se il male (nel XXI secolo) possa essere ancora allineato alla sessualità più o meno libera (a pagamento), all’indifferenza verso i genitori (buoni, perfetti, comprensivi) e a qualche parolaccia qua e là, condita di coca, parole, parole, parole.
Uffa, che inverosimile noia…
una recensione scritta bene su un film fatto veramente male. Anni che non vedevo qualcosa di così ridicolmente presuntuoso (e di presuntuosamente ridicolo). Senza un briciolo di sofferenza vera, e il rimando a Le regole dell’attrazione più che ai Karamazov o a i demoni chiarisce anche il progettino d’autocompiacimento nichilista alla base. Però, in effetti, scomodare nomi e categorie della sorte, anche le più basse e insulse, sarebbe comunque troppo in un caso come questo. Non se ne parli più, piuttosto.
Un film coraggioso ed intenso.
Non stupisce il fatto che possa non essere apprezzato ne capito. Stupisce ancor meno il fatto che possa essere detestato.
Questo non è un film fatto per ‘piacere al pubblico’. Ma è qualcosa di assolutamente diverso. Un ‘oggetto cinematografico non identificato e non identificabile’. Un’ora e mezza di di ‘questioni’ e Non di ‘facili risposte’.
Un film assolutamente personale.
Sicuramente l’opera prima italiana più coraggiosa degli ultimi anni.
Complimenti.
P.S.
Esiste un sito-blog del film molto interessante:
http://gliarcangelifilm.blogspot.com
Ciao Emiliano,
una domanda sola e non provocatoria: sei parte della crew del film, vero? 🙂