Schermaglie dedica un altro speciale a Gomorra in occasione dello spettacolo teatrale. Presto anche due interviste, al regista e co-autore del testo teatrale Mario Gelardi e all’attore che interpreta Roberto Saviano, Ivan Castiglione.
Scrivere un articolo o una qualsiasi riflessione su un’opera come Gomorra non è cosa facile. Si vorrebbe essere dotati della migliore scrittura del mondo, per non lasciare al caso o nell’imprecisione le considerazioni o le riflessioni che un’opera come questa produce.
La giusta distanza tra chi scrive e l’opera per cui si scrive non è sempre facile da applicare, e in questo caso, quasi impossibile da mantenere.
Lo spettacolo teatrale Gomorra è un’opera che prosegue il turbamento iniziato nel libro. Il testo drammaturgico produce un effetto pieno, esattamente come il libro. Ciò che trova compiutezza nell’animo e nella mente dello spettatore è la facoltà di percepire la realtà, e la struggente emotività che questa consapevolezza innesca.
Le storie dei personaggi rappresentati sono già da sole forti e uniche, ma se a raccordarle è la figura del giornalista Roberto Saviano, autore del libro Gomorra e coautore con Mario Gelardi della scrittura teatrale, allora la realtà piomba violentemente nella rappresentazione e avviene qualcosa di nuovo. La materia rappresentata è contemporanea: ha da subito la forza per entrare nella raffigurazione.
In questo spettacolo la realtà non fa in tempo ad avvenire che è già storia.
Gomorra, lo spettacolo, scrive e rappresenta insieme non solo l’esistenza del Sistema, la camorra moderna, ma lascia intravedere anche i risvolti dell’anticamorra. Saviano con la sua denuncia è già l’anticamorra. Se è vero che l’alleato più forte del Sistema è il silenzio, Roberto Saviano e tutti coloro che hanno divulgato la sua opera rappresentano già il primo tassello dell’antisistema. E questo commuove.
Il palcoscenico del Valle si apre e ne esce una figura, l’attore Ivan Castiglione che interpreta Saviano. Lo spettacolo apre con il discorso che Saviano pronunciò a Casal di Principe il 23 settembre 2006: la realtà contemporanea viene immediatamente rappresentata, ciò di cui non abbiamo visto in tv o letto sui giornali viene integrato al ritratto teatrale.
Castiglione-Saviano cita la presenza del Presidente della Camera Bertinotti a Casal di Principe e Bertinotti è lì in sala, alla prima al Teatro Valle in Roma, cui ero presente anch’io. Insieme a Bertinotti erano presenti molte alte cariche dello Stato e della cultura, da Amato a Rutelli, Visco, la Wertmuller.
Questa precisazione può aiutare solo per giungere a una riflessione: la camorra è stato un fenomeno sottovalutato dallo Stato, ingenuamente considerato come circoscritto alla realtà campana. Ebbene, Saviano nella sua opera sradica questa convinzione e ne dimostra un’altra: la camorra è oltre Napoli, in Campania esiste la trincea, ma il Sistema è ormai radicato a livello europeo, i suoi affari hanno attecchito nella morsa del capitalismo e arrivano in quasi tutti i sistemi economici del mondo.
Ora, chi apprende il significato e la portata di una scoperta del genere resta annientato, prova rabbia, pietà per se stesso e per la sua “povera terra avvelenata”. E e se chi guarda è il Ministro degli Interni? Se si lascia un segno ancora più forte in coloro che hanno gli strumenti legislativi per un intervento concreto e immediato? Questo pensavo, mentre guardavo al di là del palco dove si denunciava e si faceva materia sceneggiata e fisicità delle pagine scritte da Saviano; oltre, a pochi metri c’era l’unica forza capace di contrapporsi a quella del Sistema, c’era la gente, il pubblico, e tra loro, coloro che non devono lasciare soli i servitori dello Stato come Roberto Saviano. Può suonare retorico? A voi l’ardua sentenza. La rabbia e le perplessità di chi apprende ciò che accade in terra di camorra, non possono non generare l’antica domanda: adesso che si sa, perché non si comincia a intervenire, perché la stampa non ha moltiplicato l’informazione in merito (sarebbero partiti quasi da zero) invece di straziarci con i gialli irrisolti?
In terra di camorra con i gialli irrisolti e i moventi da trovare si potrebbero produrre Porta a porta fino alla ventesima generazione di Vespa e company…
Forse a questo può arrivare lo Stato se sceglie di esporsi, di andare a vedere, di invitare fino in fondo la gente ad informarsi su ciò che la riguarda veramente, di far sentire parte dello Stato la popolazione che si impegna e si oppone. A Napoli nessuna presenza istituzionale è apparsa alla rappresentazione di Gomorra al Mercadante. La risposta statale napoletana è stata l’ignoranza (nel senso di ignorare, naturalmente). E questo che cosa dovrebbe voler dire?
Se a Roma, al Valle, sono presenti i vertici dello Stato italiano e a Napoli non c’era nessuno che diavolo vuol dire? Come si fa a far passare un urlo su questa pagina scritta?
“Quanto vale la verità in questo paese?” questa è la domanda che Roberto Saviano si pone nell’introduzione al libretto di sala dello spettacolo “Il Teatro muta in voce ciò che è parola, concede viso, copre con un mantello di carne le parole, senza opprimerle anzi scoprendole, dandole epidermide e quindi rendendo storie di un luogo d’ogni luogo, una faccia tutte le facce, e questo è ciò di cui il potere, qualsiasi potere ha più paura”. Sono secoli che il potere teme il teatro e l’arte in generale perché induce a pensare, ed è dunque un gesto di rispetto personale andare a teatro a vedere Shakespeare come Gomorra, passando per Eduardo, e mi perdonino i mille autori che qui non cito.
Ho compiuto un volo pindarico è vero, ma è anche vero che ciò che mi spinge a scrivere è il bisogno di verità… E amo tutti coloro che si sforzano per attingerla, per cercare di fissarne un aspetto. Non a caso la rappresentazione dei personaggi nello spettacolo è fedele alla realtà. I loro gesti, i loro atteggiamenti, persino l’asprezza della loro voce, passano per la violenza di cui sono permeati, un aspetto che sicuramente proviene dalla consapevolezza di non aver visto altro sin dalla nascita. Chi abita in quei luoghi ben conosce queste figure. Donne belle rese sgraziate da una voce rauca e gutturale, che esprime un dialetto volgare e brutale, “lontano dalle sonorità dolci cui ci avevano abituati Eduardo o Viviani” per citare il regista Mario Gelardi.
Affido alle parole di Enzo Biagi la chiusura di queste pagine, il cui argomento è per me molto importante. Biagi paragona Leonardo Sciascia, “narratore di storie di mafia”, a Roberto Saviano, “scrittore per eccellenza di Napoli e della camorra”. Saviano è stato il primo ospite di Biagi a RT.
“E’ arrivato il momento dell’intervista e dalla sua prima risposta ho capito che avevo ragione ad aver voluto inaugurare ‘RT’ con lui. Poco prima ci eravamo messi d’accordo sul finale: gli avrei chiesto se voleva aggiungere qualcosa e lui, che aveva il libro infilato tra il bracciolo e lo schiena
le della poltrona, ne avrebbe letto qualche riga. Invece, a quella mia domanda Saviano ha risposto: ‘Sono felice di aver potuto dialogare con lei. Se questo è possibile, forse in questo Paese qualcosa è ancora possibile fare.’ E’ stato il più bel ‘bentornato’ che ho ricevuto. Grazie, Roberto.”
Grazie da tutti noi.
tornare ad una tensione verso la “verità”, altrimenti detto al bisogno di cercarla, mi pare utile, con la consapevolezza che si tratta di una ricerca complessa, in cui concorrono diversi punti di vista. dunque se la verità non è una (diverse, a seconda di chi le narra), il peso del soggetto che interpreta i fatti e notevole, un peso che diventa responsabilità. quando si scrive “ricercando la verità” mai come oggi conta la propria coscienza e il rispetto della prassi che ogni disciplina sviluppa. solo in questo modo penso possa superarsi il delirio di interpretazioni che sommandosi fra loro producono zero.
Non ho compreso se il post si riferisce agli attori, a Saviano o alla giornalista
“Quanto vale la verità in questo paese?” mi riferisco a questa domanda che pone Saviano. non mi convince invece il discorso sullo stato assente o la stampa negligente. tra l’altro, per fare un esempio, proprio oggi gli studenti napoletani hanno firmato un protocollo di intesa col questore Oscar Fioriolli contro la camorra: incontri e iniziative per promuovere una cultura della legalità.
Non c’e’ un discorso di stato assente, ci sono delle parti dello stato assenti e sono le istituzioni napoletane. Questo e’ un fatto, non un’interpretazione.
per quanto mi riguarda, da studentessa napoletana ho fatto parte dell’associazione studenti napoletani contro la camorra e non ho mai scritto che i napoletani non si interessano a saviano o che la popolazione gli sia ostile. Ho posto delle domande, che chiunque avrebbe fatto…
per quanto riguarda il comune di Napoli e la regione Campania, Saviano e’ “nemo profeta in patria” . Tra l’altro, molti dei nomi che fa nel suo libro riguardano persone in qualche modo intersecate con Bassolino. Altro fatto.
e se non fosse ancora sufficiente basti guardare all’attuale situazione rifiuti e soprattutto al fatto che sta diventando una barzelletta il loro modo di non-intervenire. Eddai! Ma che scherziamo? La verita’ si puo’ raccontare anche condividendo un percorso di denuncia. E io condivido pienamente il percorso di Saviano. Poi se uno decide di scrivere non e’ che deve essere sempre tranquillo, certe cose fanno incazzare veramente e non ti va di passarle in ammorbidente…
se rimanevi troppo tranquilla, forse tradivi lo “spirito” di una scrittura come quella di Gomorra. Una scrittura che passa attraverso un’esperienza della realtà anche emotiva, appunto come scrivi. Al cinema, i film italiani più belli e interessanti
perchè nascenti da un’urgenza “vera”, lontanissima dagli ombelicalismi di nuovo arrembanti o dall’intrattenimento che sceglie le città come semplici “set”, parola di Marco Martanadegli ultimi anni sono ambientati a Napoli (mi riferisco all’Amore molesto, La guerra di Mario, Vento di Terra, anche Pater Familias, mi pare) e lo stato spesso non è che non c‘è, lo stato è piuttosto contro la possibilità di vivere dignitosamente.