È curioso constatare come un paese possa dare immagini di sé tanto diverse e contrastanti così come è accaduto all'Islanda rappresentata da Dean De Blois e da Ragnar Bragason.born

In Heima (“casa” o “terra natale” in finlandese), documentario del regista canadese De Blois, seguiamo i Sigur Ros in una serie di concerti in un'Islanda che sembra una terra ai confini della realtà. Un mondo dove la natura sublime si lega alle sonorità oniriche della band in un connubio poetico dal sapore ancestrale. Sintesi armonica tra uomo e natura, l'Islanda è la musa che ispira il suggestivo dream-pop del quartetto di Reykjavik.

L'Islanda raccontata da Bragason in Born (2006) è un deserto di solitudine, dove l'isolamento geografico sembra partorire periferie fredde e desolate che appartengono tanto alla dimensione urbanistica quanto a quella individuale. Famiglie dilaniate ed esistenze drammatiche che vivono ai margini di un mondo remoto.

Se per i Sigur Ros i grandi spazi e i gli splendidi panorami che si aprono sotto un cielo freddo e terso generano l'apertura melodica della loro musica, per Bragason quegli stessi spazi sembrano divorare il naturale calore dell'umanità che ci vive.

In Born, Gudmund, un bambino di 12 anni, vive con la madre infermiera che smercia farmaci sottratti all'ospedale dove lavora. Ha come unico amico un disabile di 40 anni e non ha mai conosciuto il padre Gardar, un ragazzo che vive di illeciti e violenze. L'incontro tra Gudmund e Gardar, spinto dal rimorso del genitore per una vita dissennata che lo ha isolato dal mondo e spinto lontano dagli affetti, fa precipitare drammaticamente gli eventi.

È come se la serenità e la vicinanza, che pure i personaggi a modo loro cercano di ottenere, siano obiettivi impossibili da raggiungere, complice un ambiente freddo e cupo che si erge come una barriera insormontabile.

E Bragason ci restituisce questo ambiente con maestria. Usa un linguaggio forte e drammatico, sceglie di riprendere i protagonisti ora dal basso, ora con l'uso di focali corte che ce li mostrano persi in uno spazio troppo ampio per essere riempito e domato.ros

Il regista islandese dedica molta attenzione alla costruzione dei personaggi, li riprende in un ambiente esterno che interiorizzano e che li rende maggiormente reali, figure che appartengono alla vita quotidiana. È per questo lavoro di costruzione che Bragason si è appoggiato al gruppo teatrale Versturport. Con gli attori ha stabilito un feeling particolare, chiedendo loro di completare e sviluppare i loro ruoli e la storia stessa, improvvisando dialoghi e battute e aiutandosi anche con le proprie esperienze personali. Il risultato è una storia scritta e narrata da più voci.

Già vincitore del premio speciale della giuria a Courmayeur, Born è un affresco drammatico che non manca di trovate piacevoli che allentano di tanto in tanto una tensione emotiva a tratti lacerante. Il film forma con il successivo Foreldar (2007) un dittico che esplora il rapportyo padre-figli da una prospettiva mai banale.    

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