DIECI FILM DEL CONCORSO DA NON PERDERE

Il Festival di Cannes ha preso il via ieri, segnando l’inizio di quello che è  l’evento più importante  per il mondo del cinema. Dal 14 al 26 maggio, Cannes diventa il cuore pulsante della settima arte, attirando giornalisti, professionisti del settore da ogni parte del globo ed un pubblico cinefilo entusiasta.

Nonostante il direttore artistico Thierry Frémaux abbia dichiarato durante la consueta conferenza stampa: «Abbiamo deciso che questo festival sarà pacifico, sereno, gioioso e generoso, e che ci occuperemo soltanto di cinema!», nemmeno quest’anno mancheranno le controversie a turbare l’atmosfera festosa della Croisette. Da un lato, un collettivo legato al movimento #MeToo ha annunciato iniziative per rivendicare i propri diritti; dall’altro, un gruppo di giornalisti e altri lavoratori dell’industria cinematografica ha indetto uno sciopero per i prossimi giorni. Nonostante tutto, l’attenzione di tutti rimane focalizzata sulla selezione ufficiale, che quest’anno propone ventidue lungometraggi in concorso.

Tra questi, spicca l’esordio di un’unica regista alla sua prima prova dietro la macchina da presa: la francese Agathe Riedinger, in gara con Diamant Brut, un racconto di formazione che segue una ragazza piena di sogni e decisa a realizzarli attraverso una seconda identità virtuale sui social. Frémaux ha motivato in questi termini la scelta del film: «Abbiamo deciso di includere Diamant Brut nella selezione ufficiale perché crediamo che abbia il potenziale di mettere in rilievo Cannes come un’istituzione capace di scoprire nuovi talenti, portando alla ribalta nomi finora sconosciuti nel panorama cinematografico internazionale.»

Vale la pena sottolineare che la selezione di quest’anno è ancora lontana da una reale parità di genere tra registi uomini e donne: infatti, solo quattro sono le cineaste in competizione. Oltre a Riedinger, ritroviamo la nota regista britannica Andrea Arnold con Bird, la francese Coralie Fargeat con l’horror splatter The Substance, e la giovane regista indiana Payal Kapadia con All We Imagine as Light. Anche in questa edizione, la Francia conferma essere la nazione più rappresentata nel concorso, con un totale di sei film in competizione.

L’exploit più significativo del concorso di quest’anno è, senza dubbio, la presenza di Francis Ford Coppola con il suo attesissimo nuovo film, Megalopolis. Thierry Frémaux ha dichiarato che è un onore ed una gioia accogliere di nuovo un artista che appartiene al ristrettissimo circolo di coloro che hanno già vinto due Palme d’Oro a Cannes. Com’è noto, Coppola ha ricevuto la sua prima Palma d’oro nel 1974 per La conversazione con Gene Hackman, e una seconda nel 1979 per Apocalypse Now.

Megalopolis è un’opera che Coppola desiderava realizzare da moltissimo tempo e per la quale ha investito ben 120 milioni di dollari del suo proprio patrimonio. Secondo alcune indiscrezioni, si tratta di un’opera particolarmente caustica che affronta con lucidità la società americana e il suo futuro, tutt’altro che roseo. Il progetto, su cui il regista aveva lavorato — e che aveva abbandonato — a fasi alterne fin dal 1983, era diventato ormai una specie di brutto scherzo agli occhi di tutti convinti ormai che non ce l’avrebbe più fatta a portarlo a termine. Eppure, Coppola ha smentito coloro che non credevano più nella riuscita di questo progetto, arrivando trionfalmente a Cannes.

Si dice che la stampa americana sia in fermento dopo le prime proiezioni private dell’opera, che sembrerebbe demolire i pilastri del sistema hollywoodiano di oggi. Megalopolis è un’epopea di stampo romano ambientata in un’America immaginaria e contemporanea, ormai presa nel vortice del declino. La storia si svolge nella città di Nuova Roma, teatro di un acceso scontro tra Caesar Catilina (interpretato da Adam Driver), un artista geniale capace di fermare il tempo, e il sindaco ultraconservatore Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito). Il primo sogna di un futuro utopico e ideale, mentre il secondo si aggrappa ostinatamente ad uno status quo retrivo, che tutela avidità, privilegi e milizie private. Al centro del conflitto c’è Julia Cicero (Nathalie Emmanuel), figlia del sindaco, innamorata di Caesar Catilina. Combattuta tra due visioni del mondo e due uomini così diversi, la giovane donna sarà chiamata a prendere una decisione che potrebbe influenzare il destino dell’intera umanità.

Yorgos Lanthimos aveva già partecipato al Festival di Cannes nel 2009 con Kynodontas (Dogtooth), vincendo il premio della sezione Un Certain Regard. Non era il suo esordio cinematografico, ma fu il film che lo consacrò a livello internazionale. Quest’anno torna in concorso con Kind of Kindness, ritrovando sullo schermo la sua musa Emma Stone insieme a Willem Dafoe, con cui aveva già collaborato in Poor Things. Girato in Grecia, Kind of Kindness è una favola meta-moderna fatta di tre storie che s’intersecano: quella di un uomo che ha perso il controllo della propria vita e cerca di riconquistarlo; quella di un poliziotto che si tormenta perché sua moglie, scomparsa in mare, è tornata ma sembra radicalmente cambiata; ed infine quella di una donna decisa a trovare una persona dotata di un dono speciale e destinata a diventare un leader spirituale.

Dopo aver partecipato al concorso di Cannes nel 2022 con Crimes of the Future, girato anch’esso in Grecia, David Cronenberg torna sulla Croisette con The Shrouds, una pellicola molto personale sul lutto. Protagonisti sono Vincent Cassel e Diane Kruger. Il film racconta la storia di Karsh, un imprenditore cinquantenne devastato dalla perdita della moglie. In cerca di un modo per affrontare il dolore, Karsh inventa la GraveTech, una tecnologia tanto rivoluzionaria quanto controversa, che consente ai vivi di osservare i propri cari attraverso i sudari che li avvolgono. Una notte, alcune tombe – tra cui quella della moglie – vengono profanate. Da quel momento, l’uomo intraprende una disperata ricerca per scoprire chi siano i responsabili.

Il maestro cinese Jia Zhangke, costretto a vivere il periodo della pandemia in un Paese che ha adottato strategie estremamente restrittive rispetto a quelle del mondo occidentale, non ha mai smesso di lavorare. Anzi, ha continuato a dirigere personalmente il Pingyao Film Festival, da lui fondato. A Cannes torna in concorso con Caught by the Tide, film che ha come protagonista sua moglie e musa Zhao Tao. Fedele al proprio stile, Jia propone una narrazione fluida e stratificata, che fonde materiali d’archivio, sequenze di finzione, video ed inquadrature raffinatissime. Il film offre uno sguardo sulla Cina raro ed inatteso. «È meraviglioso e veramente importante quando un artista ha il coraggio di dire: questa è la mia terra, eccola, esattamente com’è. E ce la mostra senza filtri attraverso personaggi forti e complessi, in un viaggio cinematografico che vale davvero la pena di intraprendere», ha commentato Thierry Frémaux presentando il film alla stampa.

Paul Schrader non è solo un grande sceneggiatore – ha firmato, tra gli altri, anche la sceneggiatura di Taxi Driver – ma anche un regista di rilievo e un grande cinefilo, che ha partecipato al Festival di Cannes nel 1985 con il film culto Mishima: A Life in Four Chapters. Nel suo nuovo film Oh, Canada! ritroveremo Richard Gere e Uma Thurman. Il film è anche l’ultima sceneggiatura scritta insieme a Russell Banks, scomparso l’anno scorso. In Oh, Canada! un celebre documentarista canadese concede un’ultima intervista a due suoi ex studenti per rivelare finalmente tutta la verità sulla propria vita. Questa confessione viene filmata davanti alla sua ultima moglie. Si tratta di una commedia drammatica sul tempo che passa, il passato, la giovinezza, la vita e gli errori che a volte si commettono.

Il regista russo Kirill Serebrennikov torna in concorso con Limonov – The Ballad. Serebrennikov aveva già partecipato alla selezione ufficiale nel 2022 con Tchaïkovski’s Wife. Il regista è noto per prediligere personaggi oscuri, problematici e non necessariamente empatici. Lo scrittore Emmanuel Carrère- co-sceneggiatore del film- aveva già raccontato l’incredibile percorso di quest’uomo, il cui vero nome era Edouard Veniaminovitch Savenko, in un suo romanzo. Limonov iniziò la sua carriera poco prima del crollo dell’Unione Sovietica, si trasferì poi a New York e viaggiò in lungo e in largo prima di tornare nella Russia di Putin, dove diventò una figura politica dalle posizioni estremamente radicali. Con il suo consueto stile visionario, Serebrennikov sfrutta al massimo il talento dell’attore Ben Whishaw nel ruolo di Eddi Limonov. Attivista, rivoluzionario, dandy, truffatore, maggiordomo e senzatetto: Limonov fu un poeta iracondo e bellicoso, un provocatore politico e il romanziere del suo discutibile splendore. La sua vita burrascosa è un viaggio che passa dalle strade di Mosca ai grattacieli di New York, dai vicoli di Parigi fino al cuore delle prigioni siberiane, tratteggiando con fervore la seconda metà del ventesimo secolo.

Mohammad Rasoulof sarà presente fisicamente a Cannes per presentare The Seed of the Sacred Fig. Il film ruota attorno al personaggio di Iman, un giudice istruttore del Tribunale Rivoluzionario di Teheran, che combatte contro la paranoia e la sfiducia mentre nel paese montano le proteste politiche che creano delle tensioni anche in seno alla sua propria famiglia. Rasoulof avrebbe dovuto far parte della giuria di Un Certain Regard nel 2023, ma fu arrestato nel luglio 2022 dopo aver criticato la repressione del governo contro i manifestanti ad Abadan in seguito al crollo di un edificio. Fu rilasciato provvisoriamente nel febbraio 2023 per motivi di salute. Tuttavia, dopo l’annuncio della selezione del suo ultimo film a Cannes, le autorità iraniane hanno interrogato l’intero cast e la troupe, vietando loro di lasciare il paese e facendo pressioni su Rasoulof affinché ritirasse il film dal programma del festival. Il suo avvocato ha annunciato l’8 maggio 2024 che il regista era stato condannato a otto anni di carcere, frustate, una multa e alla confiscazione dei suoi beni. Fortunatamente, Rasoulof e alcuni membri della sua troupe sono riusciti a fuggire in Europa poco dopo,  e saranno presenti alla prima del film il 24 maggio 2024.

Il regista portoghese Miguel Gomes, una delle figure più singolari del cinema europeo – già presente alla Quinzaine nel 2021 con The Tsugua Diaries e nel 2015 con l’opera Arabian Nights – partecipa per la prima volta alla selezione ufficiale di Cannes con The Grand Tour, un film magistrale girato in parte in bianco e nero e in parte a colori. La storia ci trasporta a Rangoon, in Birmania, nel 1917, dove Edouard, un impiegato dell’Impero britannico, fugge proprio il giorno in cui avrebbe dovuto sposarsi con la fidanzata Molly. Decisa, nonostante tutto, a sposarlo, la giovane donna parte alla sua ricerca seguendo le tracce del suo lungo viaggio in Asia.

Paolo Sorrentino ritorna a Cannes con Partenope, girato nella sua città natale, Napoli, che racconta la storia di una ragazza il cui più grande problema nella vita è, paradossalmente, la sua bellezza, poiché vorrebbe che il mondo intorno a lei l’apprezzasse per ciò che è realmente, e non solo per il suo aspetto. Questa storia diventa un pretesto per il regista per accompagnarci in un viaggio nella sua affascinante e scenografica città, ma anche per esplorarne tutti gli strati sociali.

Infine, la giovane regista e sceneggiatrice indiana Payal Kapadia partecipa per la prima volta al concorso con All We Imagine As Light. Nel 2021 aveva vinto il premio L’Œil d’or per il suo splendido documentario A Night of Knowing Nothing, presentato alla Quinzaine. Il suo nuovo film potrebbe rivelarsi una delle grandi sorprese di quest’anno. Ambientato a Mumbai, All We Imagine As Light racconta la storia di Prabha, una donna la cui vita viene sconvolta quando riceve un dono inaspettato da parte del marito che vive all’estero. Dall’altra parte, la sua giovane coinquilina Anu cerca invano un luogo nella grande metropoli dove poter fare l’amore con il suo fidanzato. Un viaggio in un villaggio sul mare offre ad entrambe le donne l’occasione di esprimere i loro desideri più autentici.

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