QUINZAINE DES RÉALIZATEURS
PAMFIR di Dmitro Sukholytkyy-Sobchuk
Ci sembra di sentire l’odore del bosco e del legno, l’umidita che si diffonde nell’aria e il fango sotto i piedi nello sperduto villaggio ucraino, ai confini della Romania, teatro del dramma famigliare descritto in Pamfir, esordio possente di Dmitro Sukholytkyy-Sobchuk alla Quinzaine des Réalisaeurs.
Con una cinepresa vibrante, mobile, al più presso dei corpi in costante movimento ed un ritmo effrenato, il regista sa coinvolgerci d’acchito in un mondo rurale sospeso fra tradizioni ancestrali e una lotta cruda per la sopravvivenza che non può fare a meno di infangarsi nel terreno della corruzione e della delinquenza. La piccola comunità nella quale ritorna per un breve soggiorno il protagonista Leonid, detto Pamfir, un quarantenne, padre di famiglia, partito lavorare in Germania, dopo avere lasciato dietro di sé un oscuro passato criminale, sembra richiudersi intorno a lui come una trappola mortale.
Servendosi di uno stile realista, rigoroso ma pieno d’inventività il regista sa tratteggiare finemente ogni singolo personaggio, offrendoci un ritratto unico di una famiglia e di una comunità rurale al bordo dell’implosione. Fin dalle primissime sequenze la tensione è palpabile; dietro la gioia e la frenesia del ricongiungimento si cela l’angoscia di un una nuova separazione ed è proprio per impedirla che Nazr, il figlio adolescente del protagonista, da fuoco alla chiesa dove l’uomo conserva i suoi documenti di viaggio. Per ripagare il debito alla mafia locale, proprietaria dell’edificio, Leonid accetterà un ultimo lavoro di contrabbando. Maneggiando sapientemente i codici di un genere flottante fra poliziesco e il western il regista c’immerge in un universo sempre più allucinatorio dove elementi etnografici, quelli delle maschere di legno e fieno usate per Malanka, il carnevale locale, si mescolano suggestivamente ad una realtà feroce e violenta. Indomito Leonid affronterà la foresta e i suoi cupi pericoli, sperando, di sfuggire ad un futuro senza prospettive che pesa, come un castigo, su tutto il villaggio. Grezzo e brutale, ma anche affettuoso e a tratti umoristico, Pamfir ritrae un Ucraina autentica e primordiale, che probabilmente non rivedremo più cosi presto sullo schermo in questo modo.