È uno strano oggetto cinematografico questo La pioggia che non cade – la colonna sonora di un sogno, di non semplice definizione critica.Non è un musical perché manca la dimensione coreografica, il movimento del corpo che scandisce le sequenze dominate dalla musica; non è un musicarello perché più elevate appaiono le sue ambizioni ultime; non è un videoclip perché una sola scena in tutto il film adotta le soluzioni estetiche tipiche dello spot di un brano da lanciare, quasi a volerne prendere le distanze. Non è neanche un documentario perché esplicita intenti affabulatori. Forse, il genere che meglio individua l’identità di questa opera è la commedia musicale che nel caso specifico accorpa e mixa tutti i registri appena menzionati rimanendo un po’ sospesa e informe, col risultato di approdare più o meno fortuitamente ad un esito originale. Più vicina ad Across the universe che non a Moonwalker (due titoli citati durante una delle conferenze stampa che hanno seguito la proiezione del film) per l’uso drammaturgico delle canzoni, la pellicola di Marco Calvise pone al centro del racconto la musica della band pop folk romana realmente esistente degli Inverso, gruppo nato nel 2012 dal sodalizio artistico tra Carlo Picone (voce e chitarra), Vincenzo Picone (basso) e Mauro Fiore (batteria), ai quali si sono aggiunti in un secondo momento Simone Pletto (fisarmonica), Vincenzo Citriniti (sassofono) e Anna Russo (violoncello).
Il film nasce proprio dai testi e dalle melodie degli Inverso che hanno solleticato la fantasia di Tonino Abballe, soggettista produttore e distributore, tanto da indurlo a cimentarsi in una scrittura di getto, presto limata e adattata per il grande schermo da Paola Savinelli. Sul piano espressivo si instaura così, fin da subito, tra musica e immagine, uno stretto legame la cui cifra stilistica ricopre di volta in volta funzioni connotative, denotative o semplicemente cosmetiche: la colonna sonora tratteggia atmosfere e suggerisce emozioni che trovano una puntuale rispondenza sul piano visivo accompagnando l’incedere un po’ incerto della trama fino al suo epilogo. Le tonalità e i ritmi strumentali degli Inverso, che sembrano echeggiare da un lato il grande cantautorato all’italiana e dall’altro gli accenti del miglior repertorio jazz, unitamente alla parola poetica dei testi, si fanno interpreti delle vicende oggettive
e delle passioni soggettive di Carlo e della sua band, colti in un momento forse cruciale della loro carriera quando ricevono l’invito ad entrare “nel giro che conta” da un ambiguo agente discografico. Nel frattempo la vita sentimentale di Carlo viene messa a dura prova dall’improvviso distacco dalla compagna, proprio a causa della sua passione cieca per la musica. Una volta appresa la verità che soggiace dietro alle promesse e ai sogni di gloria millantati dai produttori, con un prefinale slapstick ammiccante al comico, gli Inverso saranno messi di fronte alla scelta più difficile: continuare a rincorrere un sogno oppure rinunciarvi definitivamente?
Nei momenti migliori, quelli che descrivono la band in azione durante le prove o nei concerti, emergono l’affiatamento e la complicità che uniscono i componenti del gruppo, ma purtroppo la stessa disinvoltura viene meno quando, chiamati a interpretare se stessi, i musicisti devono ripetere battute a volte poco efficaci davanti alla macchina da presa. Tuttavia le imperfezioni de La Pioggia che non cade vengono compensate dalla sobrietà e dal garbo dello stile, come pure dalla sincerità delle premesse al progetto (si nota il fascino esercitato dal gruppo su Marco Calvise che peraltro ha dichiarato di non amare i film musicali) fino al coinvolgimento in una diegesi ricca comunque di buoni sentimenti e di passione.
Di certo questa piccola opera indipendente, ben lungi dal proporsi come vetrina privilegiata dell’omonimo album d’esordio degli Inverso, dialoga con il cinema esplorandone le potenzialità senza vuote strumentalizzazioni, ma con il coraggio giovanile di sperimentare un medium intrinsecamente permeabile alla fusione dei linguaggi artistici più eterogenei.