Il sogno del riscatto sociale. La rivincita dei soliti ignoti che nonostante sgangheratezza e improbabili trucchetti questa volta riescono a concludere il colpo che gli cambierà la vita.
Questo gruppo di sfigati ex-galeotti sembra rubato alla serie Misfits e riadattato al mood loachiano. La tragicomica comitiva infatti si forma durante le ore di servizio sociale; i personaggi vanno dall’idiota sboccato al lercio ubriacone fino alla ragazza burbera e mascolina. C’è anche qualche super potere visto che il leader della banda è dotato di incredibili doti olfattive e di grande ingegno.
L’ultima opera di Ken Loach è una divertente e ottimistica commedia con un risonante lieto fine leggero come quel 2% di whisky che svanisce nell’aria durante il processo di fermentazione poeticamente chiamato ‘la parte degli angeli’. Rubare il leggendario e rarissimo Malt Mill indossando un gonnellino scozzese. Un piano talmente assurdo e dei ladri talmente maldestri che alla fine tutto riuscirà perfettamente o quasi.
Questa volta Loach vuole scacciare tutte le ombre, i fallimenti, le delusioni, i compromessi di precedenti film come Ladybird Ladybird, My name is Joe, In questo mondo libero. La parte degli angeli racconta di come si può uscire dal tunnel cogliendo una possibilità e convogliando nel modo giusto il genio criminale.
Il protagonista porta su di sé la tara di essere nato e cresciuto nel posto sbagliato che ha condizionato la sua vita e il suo comportamento violento causa di gravi conseguenze. Robbie non è solo un avanzo di galera, un fallito senza prospettive della degradata periferia di Glasgow. Harry, il suo tutore dei servizi sociali, vede in lui del talento e soprattutto lo aiuta a ritrovare una dignità sociale attraverso l’arte per la degustazione del whisky. A volte basta una passione su cui incanalare le energie per ridare un senso alla vita.
Loach decide di dare al pubblico una visione della completa rivincita di Robbie che ha fottuto il sistema cancellando quello svantaggio toccatogli in sorte. Alla fine Robbie ce l’ha fatta con la sua compagna e il suo bambino appena nato che potrà avere una vita diversa da quella del padre e non un destino già segnato. Tutto questo sempre all’interno di un cinema esemplare nella sua asciuttezza visiva e nell’ incisiva caratterizzazione dei personaggi che come al solito rimangono il cuore pulsante dei suoi film nella ruvidezza dei volti, in quell’inconsapevole e sorprendente vigore dell’attore non professionista.
Una regia severa e dai toni freddi ma sempre di grande intensità dove persiste il cinerio dell’hinterland dimenticato. Un cinema che insiste senza sosta nel descrivere quell’essere umano impegnato nella lotta contro la sottomissione di un sistema ingiusto nel tentativo di sconfiggere quel lato oscuro generato proprio dal degrado sociale e psicologico in cui è cresciuto.
Uomini e donne che vogliono disperatamente farcela nonostante vengano continuamente riacciuffati e risbattuti dentro al baratro.
Instancabile cantore delle classi sociali più vessate, dall’era della Thatcher agli attuali tempi della crisi economica, Loach rimane un combattente coerente al suo impegno politico dentro e fuori dal film visto il suo recente rifiuto del prestigioso premio al Torino Film Festival 2012 per solidarietà con i lavoratori licenziati dalla ditta incaricata di pulizie e sicurezza per i luoghi della suddetta manifestazione.
La parte degli angeli è una piacevolissima e perfetta commedia con precisa distribuzione di tutti i classici canoni loachiani e insolita full immersion nel mondo del whisky scozzese ma che manca dell’autentico mordente del regista inglese sembrando più un momento di stallo, in attesa di tornare a picchiare duro.