In Grecia la capitale del cinema é Salonicco. Nella città hanno luogo i due più importanti festival del paese: il prestigioso TIFF – Thessaloniki International Filmfestival – in dicembre e il Thessaloniki Documentary Festival, Images of the 21st Century, in marzo.
Giunto quest’anno alla sua 13esima edizione il Doc Fest Thessaloniki, affiancato da un cospicuo Doc Market, è un festival non competitivo che si è sviluppato considerevolmente nel corso degli anni arrivando ad essere oggi uno degli eventi più importanti del settore. Il confronto fra i dati della prima edizione – 70 documentari e 8000 spettatori – con quelli dell’anno scorso – 200 documentari e 43.000 spettatori – mostra chiaramente l’evoluzione della manifestazione e riflette la crescente sensibilizzazione del pubblico per questo genere cinematografico. Dall’ 11 al 20 marzo sugli schermi del festival sfileranno nell’insieme 233 opere portando il loro sguardo inquisitore, attento ed impegnato sulla realtà che ci circonda, sondandone i molteplici aspetti, esaminando con passione e curiosità il presente, immergendosi con sensibilità e perizia nei meandri della memoria. Sul poster del festival un solo fiammifero stilizzato sta per mettere fuoco a tutta una scatola. Conforme all’immagine che lo rappresenta il Doc Fest Thessaloniki non vuole essere semplicemente uno scrigno, un mero luogo di esposizione per la produzione documentaria, ma intende proporre al suo pubblico, inteso come collettività, degli strumenti per apprendere, riflettere, cambiare ed agire.
“In un tempo di crisi e di profonde trasformazioni dominato dal flusso ininterrotto ed incontrollabile dell’informazione, la programmazione del Doc Fest non mira solo ad offrire una migliore comprensione del mondo, ma vuole spingerci ad analizzare le nostre idee preconcette e a sviluppare dei nuovi punti di vista” ha spiegato Dimitris Eipidis fondatore e direttore attuale della manifestazione. Figura di primo piano nel mondo culturale greco Eipides è anche l’uomo che ha salvato, quasi in extremis, il Thessaloniki International Filmfestival di cui é stato chiamato ad assumere, a breve termine, la direzione. Qualche mese fa il futuro del più importante evento cinematografico del paese sembrava infatti seriamente compromesso. In seguito alla crisi economica il TIFF si era trovato ad affrontare un enorme taglio delle sovvenzioni pubbliche, la defezione di un grande numero di sponsor ed un debito colossale accumulato nel corso degli ultimi anni. Rinunciando al glamour hollywoodiano delle precedenti edizioni e puntando sullo spirito di scoperta ed autenticità che aveva animato il festival ai suoi inizi Eipidis e il suo team sono riusciti a portare a termine con successo la 51esima edizione del TIFF.
Oggi, quattro mesi dopo, guardandosi indietro la direzione dei festival può dirsi soddisfatta non solo per essere riuscita ad onorare i suoi impegni, ma per essere inoltre riuscita a ridurre considerevolmente il deficit della manifestazione. In questi giorni il pubblico potrà percorrere e scoprire, in una serie di itinerari tematici, le proposte cinematografiche di questa 13esima edizione del Fest Doc Thessaloniki. Il programma é strutturato in sette sezioni: Views of the World, Stories to tell, Recordings of memory, Portraits: Human Journeys, Habitat, Human Rights e Music Documentaries alle quali si aggiunge un ricco panorama sulla produzione greca attuale.
Un programma speciale: How I am, Challenging Perceptions, porta sul mondo dell’handicap uno sguardo libero da un atteggiamento di ambiguo miserabilismo presentandoci dei lavori che mettono in luce la forza, la voglia di vivere, il talento e la dignità dell’individuo. La retrospettiva dedicata all’opera di Sergei Loznitsa costituisce uno dei punti forti dell’edizione di quest’anno. Esordiente nel 1996 con il cortometraggio Today we are going to build a house, suo lavoro di tesi al prestigioso VIGIK (Russian State Institute of Cinematography), Loznitza si è imposto, nel corso di un decennio, come uno dei cineasti essenziali del nostro tempo. Rinunciando ampiamente al dialogo e ad ogni commento esplicativo il regista compone un’opera rigorosa che, conscia del valore formale del quadro, riesce in splendide immagini in bianco e nero a trasmetterci l’anima più intima del suo paese. Con un’immensa poesia attraversata da lampi di ironia Loznitsa trascrive la vita e i canti di vecchi paesani, descrive la costruzione di una casa, il sonno dei viaggiatori in una stazione di treno, il lavoro in una manifattura, la pesca sotto il ghiaccio. Altrettanto imponente è il lavoro che dedica, attraverso l’elaborazione di materiali d’archivio, alla riflessione storica: con uno sguardo tagliente ci propone in Revue un nuovo montaggio di vent’anni di film di propaganda sovietica e con Blockade una lettura agghiacciante dell’assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale.
Il Doc Fest onora con due omaggi il lavoro di Helena Trestikova e di Kiriaki Malama. La regista cecoslovacca Helena Trestikova, acuta osservatrice dei rapporti umani, ha seguito durante i suoi trent’anni di carriera dei gruppi sociali marginali, concentrandosi su alcuni personaggi che ha continuato a filmare nel corso del tempo proponendoci una cartografia sensibile e commovente del loro destino. A partire dal 1995 Kiriaki Malama ha sviluppato il suo lavoro di documentarista nell’ambito di una collaborazione con il canale televisivo greco ET3. La sua capacità di approccio e la sua disponibilità ad un vero ascolto dell’altro le hanno permesso di realizzare una serie di conversazioni di rara autenticità. Filmando oltre che in Grecia anche nei paesi limitrofi: Albania, Turchia, Israele, Cipro, Bosnia, Malama ha sempre cercato di capire e trasmettere un punto di vista altro arrivando a costruire, passo dopo passo, un puzzle complesso e polimorfo della storia politica e sociale di questa zona geografica.
Uno sguardo particolare è rivolto nel programma a due regioni del mondo: al Medio Oriente e all’Africa. In Spotlight middle east nove documentari di registi provenienti dal Libano, da Israele e dalla Siria, ma altrettanto dalla Grecia, la Francia, gli Stati Uniti e la Norvegia ci forniscono una visione sfaccettata e molteplice di questa tormentata regione. African stories ci fa toccare, attraverso cinque documentari, le ferite che intaccano il continente nero passando dalle mine del Congo, in Blood in the mobile, agli orrori della guerra civile in Sierra Leone in God No Say no, dalle dure condizioni di vita nel deserto del Sahara in Hammada, alle vicende dei bambini-soldati in Uganda in Grace, Milly, Lucy…Child soldiers, ai quartieri poveri della capitale del Burundi in Kamenge, Northern Quarters.
Le proiezioni sono seguite da conversazioni dei registi con il pubblico, ma lo scambio di idee continua spesso all’uscita delle sale dove si formano spontaneamente dei gruppi di gente che proseguono animatamente la discussione. Una serie d’incontri e seminari per i professionisti dedicati alla promozione del documentario e all’orientamento dei giovani registi completano infine il programma ufficiale della manifestazione.
In un momento cruciale, destabilizzante, dominato da grandi cambiamenti, rivolte e dissesto il documentario non ci apre semplicemente una finestra sul mondo, ma ci invita a rimetterci in discussione, prendere posizione ed, in fin dei conti, agir
e. Il Doc Fest Thessaloniki con il suo approccio non solo estetico, ma in primo anche luogo etico e politico punta senza indugi in questa direzione.