Morte che credevo vicina
ancora una volta mi butti giù le luci
dall’albero del sonno
costringi colei che si accommiata
a tornare nel cono di luce.
All’ombra degli uccelli invernali
mi sono strappata la carne dalle ossa
e l’ho offerta come dono serale,
ho lasciato tutto ciò che lacera il cuore
nell’occhio del mare.
Ho chiesto una proroga
al dio dei proscritti
e alla dea dell’apparenza
di farmi da scorta.
Tutti i frammenti di frase raccolti
parole ammucchiate, brandelli di parole,
dapprima sillabe, ma poi spezzate,
inservibili sulla lunga via verso
i ventricoli dell’alba.
Lì pernotta il lutto,
tempo divenuto cenere.
Ischia (Sant’Angelo), 26.10.99
(Mariella Mehr da Widerwelten, Contromondi, all’interno della raccolta Ognuno incatenato alla sua ora, Einaudi, 2014)