Di sicuro abbiamo amato film come i Tenenbaum e Le Avventure acquatiche di Steve Zissou e tutto l’universo paurosamente nostalgico, malinconico e fumettistico di quei personaggi ci ha fatto presumere a lungo che proprio il taglio sfasato, esistenzialista ed elegantemente naif di Wes Anderson fosse l’unico che in un certo senso potesse ricollegarci ai colori immersi nelle luci seventies di Willy Wonka e La fabbrica di cioccolato. All’idea del remake del lisergico film del ’71 di Mel Stuart è arrivato prima Tim Burton. Proprio nei mesi in cui si lavorava a quella trasposizione con Johnny Deep però, Wes Anderson acquistava, sempre dallo sterminato catalogo di romanzi per bambini di Roald Dahl i diritti di Fantastic Mr. fox.
Nei grandi classici dell’animazione le volpi hanno sempre prodotti grandi performance. Basterebbe pensare a Robin Hood (1973) o Red & Toby Nemiciamici (del 1981 e a cui collaborò proprio Tim Burton). L’autore texano però sfrutta l’appeal dell’animaletto più furbo per antonomosia e le risorse di una storia già vincente di suo, per rielaborare in modo irresistibile le sue tipiche geometrie familiari e le placide rappresentazioni di sbilenchi propositi di riabilitazione personale. Grazie ad una serie di curatissime trovate di animazione la storia del raffinato giornalista volpacchiotto che non riesce a resistere al richiamo dei suoi trascorsi da rubagalline assume una rispondenza quasi trascendentale con l’immaginario onirico e simbolico di Anderson.
Nell’anno di Avatar e Alice nel paese delle meraviglie (sempre di Burton), grazie ad una tecnica artigianale come quella del passo uno abbiamo riscoperto un esempio riuscitissimo di come si possano umanizzare un’opossum o una puzzola, e non solo perchè sono vestite da stagnino o dal più impeccabile legale della foresta. Il grado di empatizzazione antropica di tutti gli animali è tale che per la prima volta Anderson filma addirittura scene di lotte cruente e senza esclusione di colpi. Lo scontro è tra uomini e bestioline e se era prevedibile che i più brutti e ripugnanti fossero i primi, il complesso meccanismo di comunicazione tra tutti è reso quasi in modo inedito e unico. Come sempre la colonna sonora è insostituibile. Se in passato è stata addirittura subliminale, qui si materializza adirittura in gomma e stoffa con Jarvis Cocker (Pulp) in forma pupazzesca. La scena più divertente quella della partita a pigna incendiata nella scuola del bosco.
Come spiegava lo stesso Anderson in conferenza stampa, l’uscita di Avatar resta di fondamentale importanza, ma questo non vuol dire necessariamente che tutti i film di animazione che seguiranno ne debbano copiare la tecnica. Anche dopo la scoperta del colore, del resto, sono uscite tantissime pellicole in bianco e nero stupende. Mr. Fox in questo senso ci lascia un gusto per il passato a cui non rinunceremmo mai, e non solo perchè ci ha fatto tornare bambini.