Di Giovannella Rendi / La forma c’è senz altro, talmente strutturata da conferire una definizione a quanto di più fluttuante esiste, ovvero l’acqua. A vedere questo film, così come recentemente Chiamami con tuo nome di Guadagnino, o La La Land di Damien Chazelle (per citare solo a memoria) verrebbe da pensare che il cinema d’autore del finire di questi nuovi anni ’10 sia improntato ad uno scintillante e costoso citazionismo manierista – postmoderno, si potrebbe dire, posto che non sappiamo esattamente cosa questo termine così abusato significhi, ma sappiamo quando usarlo a proposito, come direbbe Kaurismaki.
La forma dell’acqua è il trionfo della forma, come del resto tutto il cinema di Guillermo del Toro: un mondo rutilante, fantastico, favolistico, con tuttavia precise ambientazioni storico-politiche (lì la guerra civile spagnola, qui la guerra fredda) con buoni e cattivi, riti di passaggio, mostri da combattere o, come in questo caso, di cui innamorarsi. La geniale trovata di quest opera consiste infatti nella sfacciata commistione di praticamente tutti i generi cinematografici classici come horror, musical, spionaggio, noir, commedia romantica, dramma sociale, in particolare incrociando Il meraviglioso mondo di Amélie con Il mostro della laguna nera del 1954.
Senza però scomodare, pur se nei suoi reiterati ammiccamenti favolistici, La bella e la bestia perché in questo caso il colpo di fulmine è immediato, la (muta) Bella si innamora immediatamente della (gracidante) Bestia, senza nessun iniziale timore né stupore per il suo aspetto, che ovviamente nasconde un animo sensibile e amoroso. Di qui l’elemento giocoso di commedia romantica e anche un po’ erotica: buona parte della fascinazione del film consiste nella figura della creatura marina, nella sua costruzione accuratissima che rivela il passato di Del Toro come make up artist cinematografico, e soprattutto nella sua duplice natura animale e umana, negli occhi da pesce e le branchie piantati su un meraviglioso corpo scolpito cui non sembra poi così strano avvinghiarsi con passione. E siccome siamo nel nuovo millennio, le ragazze parlano (si fa per dire, essendo la protagonista muta) e anzi mimano, spiegando così deliziosamente in pochi gesti come si fa a fare sesso tra specie diverse. Sempre che lo siamo, esseri umani ed esseri fatati, oppure come nelle favole conta solo essere buoni o cattivi.
La vicenda di questa strana Amelie (una bravissima Sally Hawkins) si svolge negli anni Cinquanta, ormai eletti ufficialmente dal cinema contemporaneo a simbolo di Inquietudine Politica e Sociale, per la violenza che serpeggia sotto l’estetica da manifesto pubblicitario, come nel cinema di Todd Haynes, e più recentemente in Suburbicon di George Clooney e addirittura ne La ruota delle meraviglie di Woody Allen. Dal cinema anni Cinquanta La forma dell’acqua mutua tutti i topoi possibili: mostri, scoperte scientifiche, corsa allo spazio e agli armamenti, grottesche spie russe, grazie ad un sapiente e ruffiano utilizzo di materiali d’archivio, ovvero musical d’epoca che da un televisore con cornice di legno anno continuamente da contrappunto alle conversazioni tra Elisa, orfana muta che di notte fa le pulizie in un laboratorio scientifico e il suo vicino di pianerottolo, spelacchiato artista fallito e omosessuale. E post-modernamente per così dire, c’è anche spazio per denunciare il razzismo contro i neri, l’omofobia, i mancati diritti dei lavoratori, specie se donne. Forse un po’ troppo? L’accumulazione è la chiave di volta della forma, nel momento in cui drammaturgicamente rimane solo una storia d’amore, seppure con un uomo-pesce, addirittura una divinità fluviale brasiliana (sic).
Sorge dunque il sospetto (il timore?) che sarà la forma a dominare il futuro prossimo del cinema, ma poi per fortuna ci ricordiamo di un film come The Square di Ruben Östlund, sicuramente controverso, provocatorio, cerebrale e sadico, che però, proprio a partire da una forma geometrica come il quadrato del titolo e giocando sulle vuote forme dell’arte contemporanea e le sue truffe, fotografa impietosamente e crudelmente la realtà di oggi, di adesso, e mette a ferro e fuoco la nostra coscienza. Il pericolo per il momento sembra scongiurato.
Mi piace.
Muti come pesci…