di Fabrizio Funtò/Ancora una commediola degli equivoci e dei travestimenti. Facile, col Burqa. Ancora una situazione di immigrazione e di scontro fra culture diverse.
Ma questa volta ci sono alcuni grossi bersagli per cui sorridere e riflettere: nientemeno che le credenze religiose islamiche, il problema dell’immigrazione, il fondamentalismo islamico e ― dulcis in fundo ― le credenze comuniste, oggi in disarmo e in disuso.
Il plot si esaurisce in due righe: Armand ― figlio unico di una coppia di profughi iraniani (lei borghese, lui comunista), integrato benissimo nel mondo parigino, ama Leila. Anche Leila è rifugiata, e vive in una delle tante periferie anonime dove serpeggia il fondamentalismo. Il fratello maggiore di Leila, Mahmoud, ritorna da un viaggio in Yemen convertito all’islam fanatico. E si mette in mezzo fra i due, richiudendo a casa la sorella ed impedendole qualsiasi contatto con l’odioso e corrotto mondo occidentale rappresentato da Armand. Ed impedendole di andare a New York dove ha vinto una borsa di studio dell’ONU.
Armand, per violare la torre d’avorio, si infila un Burqa, si finge femmina, e prova a liberare la sua amata. Naturalmente il fratello guardiano Mahmoud si invaghisce di Armand ― in arte velata: Sherazade, guarda caso ― ignorandone il vero sesso e tentando di concupirla/o e sposarla/o.
Tutte le motivazioni, i riti, le giaculatorie sul credo islamico, profferite dai protagonisti completamente a digiuno teologia coranica ma in continua citazione di versetti rubati, esibiscono la girandola folle di una giaculatoria a ben vedere criminale e mortifera, se articolata dai fanatici tagliagole “islamisti”.
Qui, grazie a dio (è il caso proprio di dirlo), siamo in commedia, quindi niente sangue, per carità!
Però, con mano leggera, i temi che stanno opprimendo il mondo vengono toccati tutti. Il fanatismo religioso, che messo alla prova dei fatti dimostra tutta la propria inconsistenza. Ed una motivazione di base non troppo elevata. L’ipocrisia cui siamo arrivati nelle pratiche immigratorie, laddove piuttosto che dire la verità occorre mentire e finanche cercare di passare per gay pur di ottenere l’agognato visto e velocizzare le pratiche.
Il comunismo in disarmo, diabolicamente intrecciatosi alla rivoluzione islamica di Khomeini (fatto assolutamente vero), e del tutto sottovalutato in questo connubio mortale da una sinistra vanesia e saprofita.
Alla fine le due squadre si incontrano al gran completo, “barbuti” contro ex-comunisti ed ex-rivoluzionari, ed il finale è del tutto surreale.
Come nota al margine, permettetemi di segnalarvi una oscura stranezza, incomprensibile. Una sorta di mistero che ruota attorno alla velatura del capo femminile, che diventa Burqa nella sua forma estrema.
Il mascheramento dei capelli (e qualche volta dell’intero corpo) della donna sembra un atto di devozione al dio che ciascuno si sceglie, o che si ritrova ad “adorare” per casualità geografica di nascita.
Ora, per la cultura cattolica l’usanza del velo viene fatta risalire solitamente ad una Lettera di San Paolo (la prima) ai Corinzi, laddove la vera giustificazione di quell’usanza non viene assolutamente spiegata da alcun commentatore e teologo, anche perché ciò che afferma Paolo al dunque, deraglia totalmente dalla logica pur seguita dalla sua stessa argomentazione.
Dunque sostiene Paolo che nella gerarchia sociale l’uomo ha come capo dio, mentre la donna ha come capo l’uomo. E quindi, pur potendo pregare e “profetizzare”, la donna si deve coprire il capo in segno di sottomissione verso le gerarchie superiori. Per questo (aggiungo io) il velo si chiama anche “memoriale”.
Poi Paolo fa un salto logico incredibile, nella frase in cui esplicita questo precetto.
La frase incriminata è la seguente, con una chiusura sconcertante:
[10] Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli.
A motivo degli angeli? Cioè a causa degli angeli, mai nominati prima? Ma davvero?
La donna che mostri la propria chioma in pubblico è considerata dei fondamentalisti (di ogni religione) una puttana. Farina del diavolo. Non a caso vi è una scena corale nel film, sull’autobus dove sale Armand inguainato nel suo Burqa, in cui le donne occidentali esprimono la parabasi del tema e gli urlano in faccia il proprio credo: non è il velo che le fa sante, non sono i capelli in mostra che le fanno puttane.
Ma gli angeli ― dico: gli Angeli ― perché mai dovrebbero essere a motivo del Burqa?