“Uccido perchè devo vivere”, recita la locandina del bel film del talentuoso Tomas Alfredson, confermando la sensazione di disagio che attraversa lo spettatore a schermo appena spento e chiarendone meglio i possibili contenuti: l’amore, nonostante il romanticismo e la reale affinità possibili, è sempre crudelmente ambivalente, essendo per lo più composto da un vampiro che per (soprav)vivere usa l’altro, fino a (non solo) metaforicamente ucciderlo, e dall’altro che, per non soccombere alla realtà, ha bisogno di entrare in una dipendenza forte che può implicare anche il sacrificio finale.
Siamo nella Svezia del 1982, appena sopravvissuta a sei anni di governo non socialdemocratico, Oskar è un ragazzino di 12 anni che vive nella periferia desolata di Stoccolma, abita in un appartamento anonimo insieme a una madre indifferente, vede il padre debole, e probabilmente omosessuale, una volta alla settimana, non ha amici con cui condividere la sua quotidianità e, proprio per la sua fragilità psicologica e affettiva, espressa anche dalla sua fisicità efebica, riceve continui soprusi dagli altri compagni di scuola. In questa solitudine piena di rabbia la diversità di Oskar incontra quella di Eli, misteriosa e selvaggia coetanea che, confermando l’inutilità degli ammonimenti, lo avverte subito dicendogli “non potrò mai essere tua amica”. La neve bianca cade sui capelli scuri di Eli, e Oskar, che conosce bene il rifiuto tanto da essersene fatto una insana abitudine, le offre subitaneamente tutta la propria inadeguatezza (il Cubo di Rubik). Eli risolve l’enigma e conquista definitivamente Oskar, eccitato dal mistero, dalla possibilità di riscatto, forse anche dall’aver riconosciuto una parte di se stesso nell’altra (il maschile e il femminile si incarnano in entrambi i protagonisti).
Eli vive con un uomo che sembra essere il padre ma che alla fine si intuirà essere il vecchio amore conosciuto a dodici anni e col tempo diventato il suo ilota necessario a procurarle il sangue. Eli infatti è un vampiro che succhia il sangue umano, vive di notte e, poiché condannata alla solitudine eterna, chiede il permesso per poter entrare nella vita, e nel sangue, di qualcun’altro. Dopo vari accadimenti omicidi della emaciata ma forte vampira e prove di coraggio sempre più impegnative del sempre più innamorato, e di fatto asservito, protagonista, i due ragazzini si ritroveranno dentro un treno in apparente fuga libera verso il futuro che, a una seconda occhiata, lascia presagire la dannazione di Oskar e la coazione a ripetere di Eli. C’è un dettaglio che appare per un istante, e che assume una forma più compiuta nell’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist da cui il film è tratto: il sesso di Eli mostra una cicatrice evidente che ci suggerisce di ferite profonde inflittele da qualcuno, probabilmente un adulto (il riferimento alla pedofilia è molto evidente nel libro). Il cerchio è chiuso.
Ma questa è una delle possibili interpretazioni, essendo il film tutt’altro che predisposto a una lettura unica e dunque chiusa. Molto infatti rimane il non detto, evitando in tal modo di cadere nella fastidiosa e diffusa spiegazione fornita ad hoc da tanti registi negli ultimi dieci minuti del film. Così che la sospensione, l’ambiguità e l’ambivalenza sensualmente fisica delle situazioni rappresentate lasciano il flusso emotivo e il pensiero degli spettatori liberi di riempire gli spazi “ognuno come gli va”, si direbbe in un musicarello.
Un cinema antiautoritario in cui assumersi la responsabilità di immaginare: neanche poco, in questi tempi bui.
La frase: “Devo andare e vivere, o restare e morire” , scrive Eli a Oskar.
Mi piace molto l’idea del cinema antiautoritario e credo che tu abbia colto nel segno associando questa idea di cinema a Lasciami entrare
non sono daccordo con l interpretazione della pedofilia, nel film ci sono molti riferimenti a una possibile cambio di sesso di eli ( la cicatrice sul pube ) la frase di eli e se non fossi femmina sarebbe un problema? e infine l immagine del vecchio vampiro che appare quando eli chiede a oscar di mettersi nei sui panni ; eli appare chiaramente come un vecchio uomo.