Indielisboa (Lisbona : 26 Aprile – 6 Maggio) appartiene a quei festival che, anche da lontano, intrigano e fanno sognare: ‘Indie’ è al contempo un grande evento internazionale ed un luogo riservato e protetto, una nicchia privilegiata per un cinema allo stato puro, giovane, audace, senza compromessi estetici e commerciali, aperto con sensibilità estetica ed etica verso il futuro.
A queste qualità intrinseche si aggiunge lo splendido quadro che lo ospita: Lisbona, una città che durante gli undici giorni della manifestazione si veste dei colori del festival e vibra al suo ritmo mobilitando un pubblico curioso ed entusiasta, composto sopratutto di giovani; a partire dai giovanissimi a cui Indielisboa dedica una grande sezione ad hoc, Indie Junior, fino alla giovane generazione cittadina che accorre in massa alle proiezioni.
Il festival è felicemente, si potrebbe aggiungere, giunto al suo nono anno di vita; molte e gravi sono state infatti le incertezze e le difficoltà finanziarie che Indielisboa ha dovuto affrontare nel corso di quest’ultimo anno.
Passeggiando per le strade del centro o viaggiando sul mitico tram 28 in mezzo a gruppi di turisti eccitati, nulla ci lascerebbe immaginare la serietà della crisi economica che si é abbattuta sul paese, se non ci fossero degli episodi di cronaca a ricordarcelo, come quello successo il primo maggio – in pieno periodo di festival – quando una catena di supermercati é stata letteralmente presa d’assalto in vari punti di Lisbona dopo avere promesso uno sconto del 50% a chi avesse fatto più di cento euro di spesa.
Durante il suo discorso di apertura Nuno Sena, uno dei tre direttori e fondatori dell’evento insieme a Miguel Valverde e Rui Pereira, ha definito quest’anno come ‘l’anno di tutti i pericoli’ per Indielisboa.
Il budget della manifestazione si é infatti ridotto significativamente per la seconda annata consecutiva costringendo la direzione a mettere in atto delle nuove strategie e dei cambi strutturali notevoli per potere mantenere il festival in vita.
Con determinazione e creatività, puntando su un programma leggermente ridotto e contando sulla fruttuosa collaborazione con due istituzioni straniere; Swiss films e la Viennale, nonché sul lavoro di molti giovani volontari, Indielisboa é riuscito a montare con successo questa sua nona edizione.
Con una programmazione focalizzata esclusivamente sulla produzione indipendente, conferendo uguale importanza a lungometraggi e cortometraggi e ad ogni genere cinematografico ‘Indie’ si vuole un laboratorio del cinema di domani.
Attraverso le sue sette sezioni – Concorso Internazionale, Concorso Nazionale, Osservatorio, World Pulse, Director’s cut, Indie Junior e Indiemusic – il festival offre inoltre una piattaforma privilegiata a pellicole che non sono mai uscite in sala in Portogallo dando loro l’occasione di venire selezionate dalla distribuzione locale.
Il festival è anche un’importante vetrina per il giovane cinema portoghese. A titolo d’esempio; Miguel Gomes, autore dello splendido Tabu premiato alla Berlinale quest’anno, ha fatto i suoi primi passi a Indielisboa, dove aveva presentato, nove anni fa, il suo primo lungometraggio.
Fra i film portoghesi di quest’edizione molti sono i corti e medio-metraggi degni di nota per la loro freschezza e la loro energia creativa. Cama do Gato di Filipa Reis and Joao Mille Guerra riesce con uno stile documentario a catturare l’anima vibrante ed inquieta, tenera ed appassionata della sua giovanissima protagonista, una ragazza madre in lotta con se stessa e con la sua quotidianità. Ammirevole è la capacità dei due registi a mantenere un discorso narrativo stringato pur nell’apparente spontaneità della loro straordinaria attrice non professionista.
Jesus por um dia di Helena Inverno and Verònica Castro è un documentario che segue un progetto di riabilitazione in una prigione. Un gruppo di carcerati viene scelto per partecipare alla rappresentazione della Via Crucis in un piccolo villaggio di provincia. Le registe seguono con un tocco leggero, sobrio ed un sottile senso dell’ironia tutte le fasi di questo processo, dai primi preparativi fino alla processione finale. Alle scene girate in ambito carcerario si alternano brevi riprese della vita del villaggio ed inserti che mostrano un delicato lavoro di restauro sul corpo di un Cristo in croce. Quest’insieme di vedute, filmate con un’ammirevole grazia e perizia nelle inquadrature, tesse un quadro organico e profondamente umano di due realtà, quella dei carcerati e quella degli abitanti del villaggio, che per un giorno si uniscono in un gesto di fratellanza e comunione.
Nell’ambito dell’animazione Kali, the little vampire di Regina Pessoa, è una piccola gemma; il tratto fremente e nervoso di una matita nera disegna l’universo triste e solitario del piccolo vampiro. Con un’economia narrativa considerevole Regina Pessoa costruisce intorno al personaggio di Kali una parabola profonda e commovente sull’emarginazione, la differenza ed il bisogno d’amore. La voce off di un attore adulto ci trasporta nell’intimità del personaggio, trasmettendoci i suoi pensieri e le sue fragili speranze; alla fine Kali, con un gesto generoso ed altruista, si sacrificherà tingendo di una chiazza rossa la monocromia dello schermo.
Un vivo interesse ha suscitato il programma organizzato quest’anno in collaborazione con la Viennale che festeggia il suo cinquantesimo anniversario. Attraverso la scelta di cinque film significativi, uno per ogni decennio, questa sezione ci ha proposto un vero cantiere di riflessione sullo stato del cinema nel corso di questi ultimi cinquant’anni. E stata un’occasione preziosa per vedere, su grande schermo ed in condizioni ottimali, una delle opere più sorprendenti, folli e rivoluzionarie del cinema cecoslovacco degli anni sessanta: Daisies (1966) di Vera Chytilovà, un capolavoro surrealista, dalla ricchezza formale e visuale mozzafiato.
Fra gli highlights di quest’edizione è certamente da annoverare anche la retrospettiva allestita con la complicità di Swiss Film e dedicata al lavoro di Band à part. Band à part, nome ispirato dall’omonimo film di Godard, riunisce un gruppo di quattro giovani registi svizzeri: Lionel Baier, Ursula Meier, Frederic Mermoud e Jean-Stéfane Bron, quattro amici che, nonostante le loro differenti personalità artistiche, vogliono lottare per un cinema svizzero d’autore, un’impresa ardua in un paese poco propenso a riconoscere e a finanziare questo tipo di espressione cinematografica. Completata da un’interessante tavola rotonda questa sezione ci ha offerto l’opportunità di scoprire il cammino creativo di una generazione di registi dall’energia indomabile: a partire da Un autre Homme di Lionel Bayer – presente durante tutti i dibattiti – un ritratto al vitriolo di un giovane critico cinematografico girato in bianco e nero ed un autentico omaggio alla Nouvelle Vague, fino a Sister, l’ultimo film di Ursula Meier, premiato a Berlino.
Thuesday till Sunday della giovane regista cilena Dominga Sotomayor ha vinto il Concorso internazionale del festival, il Grand prix della città di Lisbona. Un premio decisamente meritato per questa road-movie dai toni pacati, costruita con una giustezza ed un equilibrio ammirabile sul filo teso della dissoluzione, lenta ma inevitabile, di un nucleo famigliare. Attraverso un’osservazione attenta ma sempre rispettosa dei suoi personaggi Dominga Sotomayor sa fare emergere, dal non detto, il loro dramma interiore. Sullo sfondo infinito del paesaggio cileno la regista disegna con finezza il ritratto intimo e pieno di nostalgia di un’infanzia e di un’ innocenza perdute nel corso di un’ultima vacanza comune, rivelandoci così tutto il suo talento.