La composizione di un festival é soggetta a leggi complesse che non dipendono esclusivamente dalle capacità dei programmatori ma da fattori in parte aleatori; certe annate sono migliori, altre peggiori, alcune straordinarie. Gettando un primo colpo d’occhio alla selezione della Quinzaine des Réalisateurs di quest’anno si può già parlare di una ‘raccolta’ d’eccezione.
“ Quello che ci ha commosso nei film che abbiamo scelto è in primo luogo l’emozione che sprigionano, la passione che li attraversa e la sorpresa che talvolta costituiscono” afferma Éduard Waintrop, il direttore artistico della Quinzaine, spiegando i criteri di selezione dei 17 lungometraggi in programma quest’anno.
Fondata nel 1969 sulla scia delle contestazioni studentesche del maggio ‘68 da un gruppo di autori in fronda con il festival di Cannes (Societé des Réalisateurs de films), La Quinzaine ha mantenuto negli anni il suo carattere indipendente e un certo spirito di competitività e contrappunto con l’apparato ufficiale del festival.
Luogo per eccellenza di libertà espressiva, innovazione e scoperta di nuovi talenti la Quinzaine è rimasta fedele a se stessa: chi scrive ricorda ancora, per esempio, l’emozione e la gioia di un giovanissimo, sconosciuto regista canadese venuto a presentare il suo primo lungometraggio, J’ai tué ma mere, nel 2009: Xavier Dolan!
Terza edizione diretta da Waintrop che ha saputo tenere ben ferme le redini della manifestazione meritandosi plauso e consenso, la 47ma Quinzaine s’inaugura con un’opera molto attesa: L’ombre des femmes di Philippe Garrell -tendendo così un arco significativo fra il passato ed il presente – Garrel figurava infatti con Le lit de la vierge fra i registi della prima edizione della Quinzaine nel ’69.
Finemente cesellato intorno ad un trio di protagonisti persi nei complessi meandri di amore, fedeltà e tradimento, L’ombre des femmes è un film nella tradizione più pura del maestro francese che, come pochi, detiene i segreti di fabbricazione di queste storie d’amore struggenti ed eteree.
Il secondo film francese che attira la luce dei proiettori é incontestabilmente Trois souvenirs de ma jeunesse di Arnaud Desplechin, un’opera che Waintrop considera essere fra le migliori del regista.
Si tratta della storia di Paul Delalus, un adolescente che vediamo crescere confrontandosi con i dilemmi della vita e ritroviamo poi adulto nei tratti di Mathieu Amalric, attore feticcio di Deplechin. A parte Amalric, il cast è esclusivamente composto da una serie di giovani esordienti;conoscendo il talento del regista nel dirigere i suoi attori, grande è la curiosità di scoprire i nuovi volti che popolano questo suo ultimo lavoro.
La parte del leone, rispetto allo spazio-tempo di proiezione riservato al suo film, spetta senza dubbio alla trilogia As mil e uma noites di Miguel Gomes, il noto regista e produttore portoghese il cui ultimo film: Tabou – in concorso alla Berlinale nel 2012 – ha lasciato una traccia indelebile nella nostra memoria risvegliando le più grandi aspettative.
Questa volta Gomes si cimenta con un film-fiume di più sei ore suddiviso in tre capitoli: Volume 1 o inquieto, Volume 2 o desolado, Volume 3 o encantado. Non sarebbe potuto essere altrimenti trattandosi di una trasposizione metaforica delle Mille e una notte nel Portogallo di oggi attraverso cui il regista vuole descrivere la situazione politica, economica e morale del suo paese in balia alla crisi economica di questi ultimi anni.
Les Cowboys il terzo film francese della Quinzaine di Thomas Bidegain, costituisce l’esordio registico di uno sceneggiatore di grande fama, basti pensare che Bidegain ha scritto insieme a Jacques Audiard la sceneggiatura di Un prophète, di Des rouille et des os e di Dheepan (in concorso quest’anno per la Palma d’Oro), nonché di A perdre la raison di Joachim Lafosse e Saint Laurent di Bertrand Bonello. Les Cowboys – una storia di famiglia che inizia durante un raduno country-western nell’est della Francia per evolvere in una road-movie toccante e irriducibile sulle tracce della figlia adolescente scomparsa durante la festa- ci riserverà certamente una bella sorpresa.
Accanto a Les Cowboys di Thomas Bidegain concorrono per l’ambito premio della Caméra d’Or, attribuito alla migliore opera prima di tutto il festival, altri quattro film della Quinzaine: Mustang di Deniz Gamze Ergüven, una giovane regista turca che mette in scena in una tragicommedia scapestrata una banda di sorelle adolescenti in lotta contro l’assurdità delle convenzioni sociali alle quali sono brutalmente sottomesse.
In Songs my brothers taught me Chloé Zao, una regista statunitense di origine cinese, si cimenta con la storia di Jonny, un ragazzo indiano cresciuto nella riserva di Pine Ridge, combattuto fra dovere familiare e sogni personali.
La rassegna delle opere prime comprende ancora un film di finzione che si annuncia particolarmente interessante: Efterskalv di Magnus von Horn, un regista svedese formatosi alla prestigiosa scuola di cinema di Lodz in Pologna. Magnus von Horn che è stato selezionato con il suo primo cortometraggio Echo (2011) al Sundance e con il suo secondo corto Without snow, esamina in un film teso e rigoroso gli effetti devastanti dell’incomprensione e della crudeltà dell’ambiente che lo circonda su John, un ragazzo che ritorna a casa dopo avere purgato la sua pena per un omicidio commesso qualche anno prima.
Un documentario molto personale che promette di svelarci un volto inedito, privato e profondamente umano di un uomo politico emblematico come Salvador Allende, Allende, mi abuelo Allende, diretto da Marcia Tambutti Allende, la nipote del grande statista cileno chiude la rassegna delle opere prime della Quinzaine.
Fra le opere di registi già affermati, particolarmente interessante si annuncia Peace to us in our Dreams di Sharuna Berthas, maestro lituano di referenza. Si tratta di un dramma famigliare in cui i tre personaggi – il padre, una figlia adolescente e la seconda compagna dell’uomo – giunti sul bordo dell’implosione, devono misurarsi con il loro smarrimento, il loro dolore e le loro frustrazioni.
A perfect daydi Fernando Leòn de Aranoa, riunisce un cast di star internazionali come Benicio del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko e Mélanie Thierry per raccontarci il quotidiano di un gruppo di umanitari in missione in una zona di guerra, sondando le motivazioni, le tensioni e lo stato d’animo di ognuno di loro in un ritratto caustico e profondamente rivelatore.
Il regista belga Jaco von Dormael, autore di film memorabili come Totò le heros (1991) e Le Huitième jour (1996), promette di sedurci e di divertirci in Le tout nouveau Testament in un mondo alla rovescia in cui Dio esiste, è un essere odioso e abita a Bruxelles con sua moglie e sua figlia che, irritata del fatto che non si parli mai di lei, decide di mandare per sms la propria data di morte a tutto il mondo; i due ruoli principali sono interpretati da due caratteristi di grande talento come Yolande Moreau e Benoît Poelvorde.
Dopo avere vinto con il suo primo lungometraggio Blue Ruin, in premio Fipresci della Quinzaine nel 2013, lo statunitense Jeremy Saulnier ritorna con Green Room, un film che dovrebbe mischiare con molta verve i generi, proponendoci una storia piena di humor, suspense e ribaltamenti sorprendenti in cui – dopo avere assistito per caso ad un atto di violenza gratuit a- una banda di punk-rock si vede costretta a difendersi in un luogo sperduto ed isolato contro un gruppo di skinheads assatanati che minaccia di decimarla.
Fatima di Philippe Faucon è il quarto film prodotto in Francia in seno alla selezione di quest’anno: il regista, nato in Marocco, mette in scena un’attrice non professionista di origine magrebina nel ruolo di una madre immigrata che non ha mai imparato bene il francese ma lotta nel quotidiano per potere offrire alle sue due figlie adolescenti un avvenire migliore. Intima e toccante, questa storia a sfondo sociale, sonda l’animo della protagonista il giorno in cui, costretta da un incidente sul lavoro a restare al riposo, quest’ultima ci confida i suoi pensieri nel corso lunga confessione scritta arabo e dedicata alle sue figlie.
Nabil Ayouch, regista di origine marocchina nato a Parigi, sonda nella sua opera spesso delle tematiche legate al suo paese d’origine come in Les Cheveaux de Dieux (2013), un film ispiratosi dagli attentati commessi a Casablanca nel 2003. In Much loved, Ayouch tocca un soggetto tabù nella Marrakesh di oggi descrivendoci la vita e le peripezie di un gruppo di giovani donne che vivono facendo il mestiere più vecchio del mondo.
Il regista colombiano Ciro Guerra sceglie una fotografia suggestiva in bianco e nero per El abrazo del serpiente, un film di finzione a sottofondo etnologico che ci trasporta nelle profondità della giungla amazzonica alla ricerca dello sciamano Karamakate, ultimo sopravvissuto della sua etnia che vive ormai isolato e nascosto, depositario esclusivo di segreti e formule magiche dai poteri meravigliosi.
Come film di chiusura Eduard Waintrop ha scelto, fedele alla tradizione, un film festivo, pieno di energia positiva, di ritmo e di colore : Dope dello statunitense Rick Famuyiwa, dovrebbe rispondere pienamente a tutti questi requisiti. Prodotto da Significant productions, la società di Forest Whittaker, Dope, segue le avventure di Malcom, un ragazzino che cerca di sopravvivere come meglio può in un quartiere difficile di Los Angeles, cercando di adattarsi ai codici di comportamento del mondo che lo circonda nel corso una notte sfrenata – vero percorso iniziatico – che lo vedrà alla fine più consapevole e sicuro di sé.
Fuori programma, gli innumerevoli fans, del proteiforme, fecondissimo maestro giapponese Takashi Miike avranno l’occasione di dilettarsi al suo ultimo opus che dovrebbe tenere tutte le promesse implicite nel suo titolo: Yakuza Apocalipse (Gokudo daisenso). Protagonista del film è Kamiuza un leggendario capo Yakuza che è un vampiro!
La Quinzaine apre uno spazio molto importante anche ai cortometraggi.
Quest’anno il programma dei corti comprende dodici titoli fra cui The Exquisite Corpus l’ultima opera di uno delle figure più importanti del cinema sperimentale austriaco, Peter Tscherkassky, accanto a Pitchoune, primo cortometraggio di Reha Kateb, un attore francese molto stimato, o ancora a Quintal, opera sensibile e poetica di un giovane regista brasiliano molto promettente: André Novais Oliveira.
La Quinzaine verrà inaugurata oggi 14 di maggio con un evento speciale di grande importanza: l’attribuzione a Jia Zhangke della Carrosse d’Or, un premio alla carriera, per questo un regista rigoroso e profondamente critico che da sempre con il suo sguardo acuto e partecipe ha saputo sondare le piaghe più recondite del suo paese, con un indomito coraggio civile e una straordinaria sensibilità artistica. La proiezione della sua opera chiave Platform (2000) , sarà seguita da una masterclass del regista moderata da Olivier Père.