Un’interminabile standing ovation ha coronato la prima di Le tout nouveau testament del regista belga Jaco von Dormael alla Quinzaine des Réalisateurs; l’entusiasmo era palpabile in sala e suoi volti degli attori presenti fra cui Catherine Deneuve, Yolande Moreau, François Damiens e la piccola, straordinaria, Pily Groyne.
Le tout nouveau testament ha operato un ‘miracolo’ cinematografico: far ridere la gente a crepapelle con una storia rocambolesca, piena di verve, trovate a catena e un tocco di poesia.
Nella sua satira giocosamente beffarda Jaco von Dormael abborda una questione capitale: se Dio esiste, come spiegare il male nel mondo? La risposta del regista a questo quesito ontologico si basa su un postulato imprevedibile: “Dio esiste. Abita a Bruxelles. É un essere odioso che bistratta sua moglie e sua figlia Ea.”
Ovviamente un dio belga di tale fattura non poteva essere interpretato che da un caratterista-culto quale Benoit Poolvorde. Poolvorde-Dio – ciabatte, calzini, t-shit slabbrata e accappatoio- é un essere meschino, irascibile, sadico e decisamente ottuso che vive in un appartamento senza finestre e si annoia a morte: il suo unico passatempo é un computer.
La prima sequenza ci propone una versione spassosamente irriverente della Genesi. Dio si diletta a creare il mondo – cioè Bruxelles – sul suo PC popolandolo di giraffe, struzzi, leoni che si aggirano in modo surreale fra gli scaffali dei supermercati e per le strade vuote della città. Alla fine Dio inventa l’uomo, solo e nudo, con un trattino nero al posto della tradizionale foglia di fico, scatenando una sequenza di gag esilaranti. Tormentato dal tedio il creatore inventa poi delle nuove trovate ‘divertenti’ da mettere nel suo mondo: incendi, incidenti d’aereo o ancora di una lunga lista di leggi come quella che stabilisce che la fila accanto alla nostra sarà sempre la più veloce, o che una fetta di pane e marmellata cadrà per terra sempre dalla parte della marmellata…
Il senso dell’humour di Jaco von Dormael si nutre di mille dettagli assurdi, spiccatamente satirici. L’appartamento di Dio é un tipica casa piccolo borghese dove il televisore é sempre acceso su un canale di sport, i mobili sono modesti e dimessi, ornati dai ricami della moglie di Dio, una donna dolce, ingenua e un po’ svampita, incarnata alla perfezione da un’altra grande caratterista: Yolande Moreau. In questo ambiente monotono ed oppressivo la decenne Ea, figlia dei due, si sente soffocare. Da quando suo fratello, JC, (Jesus Cristus) è partito di casa, é costretta inoltre a subire l’ira e la violenza del padre.
Interpretata meravigliosamente da Pili Groyne, Ea, tenace e caparbia non intende restare con le braccia incrociate: decide di fuggire non senza essersi prima vendicata mettendo fuori uso il computer del padre. Inavvertitamente però mette in moto anche un programma, DeathLeaks, attraverso il quale tutti gli uomini vengono informati della loro data di morte via sms. Sulla terra scoppia un putiferio. Una serie crudelmente ilare di sketch si snoda con un ritmo mozzafiato davanti ai nostri occhi: un ragazzo, che sa di vivere ancora per settant’anni, si getta a rompicollo da edifici sempre più alti, mentre un automobilista che morirà nel prossimo minuto – Dormael stesso- viene immediatamente spazzato via da un autotreno e via di questo passo.
Nel frattempo, seguendo i consigli di JC che campeggia in forma di statuetta sul suo comodino, Ea riesce a scappare attraverso un passaggio segreto situato dietro la lavatrice. Arrivata in terra deve trovare sei nuovi apostoli per completare i vuoti lasciati intorno al tavolo dai dodici apostoli nel quadro dell’ultima cena di Leonardo da Vinci, appeso sul muro della cucina.
Mentre l’umanità intera é sotto sopra, Ea – con sei schede in mano, pescate per caso negli archivi del padre – parte alla ricerca dei suoi discepoli. L’aiuterà in questo compito un senza tetto che diventerà suo fedele compagno e avrà il compito di scrivere un ‘nuovissimo testamento’.
Bruxelles diventa fra le mani di Jaco Dormael un luogo meraviglioso e fiabesco, dove gli uomini, confrontati alla loro sorte, danno libero corso a tutti quei desideri – buoni o cattivi- che hanno sempre represso. La gente ritrova i propri sogni d’infanzia. Molti – per la prima volta nella loro vita- accettano la loro natura più profonda. Un vento di libertà, bello e stupefacente alla volta, soffia allegramente sulla terra.
Nel frattempo Ea mette insieme una galleria di personaggi singolari che hanno, nonostante le apparenze, molto in comune: sono tutti dei solitari, degli incompresi e hanno un bisogno viscerale di amare ed essere amati.
Questi nuovi apostoli sono: la bellissima, mesta, Aurelie (Laura Verlined) che ha perso da ragazzina un braccio in un orribile incidente di metropolitana e deve portare una protesi, Jean Claude (Didier De Neck) un avventuriero che si é adattato a fare un triste lavoro d’ufficio e decide di seguire uno stormo di uccelli fino ai confini del mondo, Martine (Catherine Deneuve) una ricca signora, trascurata dal marito che trova la felicità fra le braccia di un nuovo amante, un gorilla, Marc (Serge Lariviere) un maniaco sessuale che riesce a ritrovare il suo primo, unico amore di gioventù, François (Fraçois Damien) un assicuratore che avendo ormai perso il suo lavoro, vuole diventare un serial killer ma cambia idea quando s’imbatte nell’eterea Aurelie ed infine Willy, (Romain Gelin) che ha sempre desiderato essere una bambina.
La ragazzina si avvicina ad ognuno di loro con gioia a curiosità; quando appoggia l’orecchio vicino al loro cuore sente la melodia propria ad ognuno di loro: c’é chi suona Purcell, chi Mozart e chi “Il carnevale degli animali’ di Camille Saint-Sens (un’ allusione esplicita al tema musicale del festival di Cannes!).
Amalgamandosi perfettamente con una tavolozza meravigliosa di colori saturi e brillanti, l’ambiente sonoro del film si popola di musica classica.
Dio – che ha nel frattempo scoperto la fuga di Ea e il guasto del suo computer – decide furioso di scendere in terra.
Ma aggressivo, meschino e cattivo Dio avrà, d’ora in avanti, la vita dura.
Nel frattempo, per passare l’aspirapolvere nel suo ufficio del marito, la moglie di Dio stacca la spina del computer: l’apocalissi sembra ormai inevitabile.
Ma, all’ultimo istante, la donna lo rimette in marcia e con il suo animo candido e dolce, programmerà il migliore dei mondi possibili.
Il cielo si riempie di fiori e colori meravigliosi. Il bene trionfa e Dio-Poolvorde ha la fine che si merita: sarà condannato a lavorare per sempre in una catena di montaggio per lavatrici in Usbekistan cercando, invano, di trovare un ‘passaggio’ per ritornare a casa.
Le tout nouveau testament, vive di un ritmo sfrenato, di trovate a cascata, di una serie d’interpretazioni intense e toccanti e di un approccio visuale mozzafiato che mischia sapientemente effetti digitali e prese reali.
Ben lontano dall’incisività graffiante di un umore sovversivo e radicale come quello dei Monthy Python –tanto per citare un esempio- Jaco von Dormael inventa un universo burlesco famigliare ed inoffensivo. L’humor made in Belgio del regista si traduce cinematograficamente in una vicenda stravagante ma radicata nella realtà, che garantisce una perfetta evasione dal grigiore quotidiano di ognuno di noi proprio perché fa di questo il suo soggetto principale. Con le possenti armi della commedia, posando uno sguardo scanzonato ed irriverente ma profondamente benevolo sui malori e l’infelicità umana, Jaco von Dormael ci coinvolge in una girandola strabiliante di avventure che si conclude sull’immagine splendente, anche se utopica, di un mondo migliore.
Dietro le risate, a volte amare, che il regista ci strappa, c’è una grande lezione di umanità.