Si è conclusa da poco la 37esima edizione del Festival di Rotterdam, tenutosi dal 23 di gennaio al 3 di febbraio: dodici giorni intensi in cui sono sfilati sugli schermi più di 600 film: un’ organizzazione enorme per un evento di grande portata.
Primo grande festival dell’anno, strategicamente ben piazzato prima del Festival di Berlino, l’IFFR è sicuramente uno dei più eccitanti per il tipo di cinema che propone, sempre alla ricerca di quanto di più fresco, originale e innovativo offre la produzione indipendente a livello mondiale. Rotterdam può vantarsi in questo senso di proporre un grande numero di prime mondiali (48), internazionali (30), ed europee (24): è, insomma, un Festival di “scoperte” verso cui si orientano anche gli organizzatori di altri festival per stabilire una parte della loro programmazione.
Seguito da un pubblico entusiasta, visitato da un grande numero di professionisti, Rotterdam costruisce il suo successo sulla qualità artistica delle pellicole proposte e su un’atmosfera distesa e informale che, rinunciando a vip e paillette, facilita gli incontri e gli scambi professionali.
Il Festival è giunto quest’anno alla sua 37esima edizione con un nuovo direttore, Rutger Wolfson, proveniente dal centro d’arte contemporanea De Vleeshal,: un direttore ad interim, visto che la manifestazione è ancora alla ricerca di un suo nuovo direttore ufficiale dopo la partenza di Sandra den Hammer. Wolfson non ha operato dei cambiamenti radicali nella sua struttura ma la sua presenza ha certamente rafforzato le sezioni trasversali privilegiando i cross-over fra cinema e arti visuali (Free radicals).
L’IFFR non é pero solo un questo: parte integrante della sua struttura sono il mercato cinematografico CineMart e il fondo di finanziamento Hubert Bals.
CineMart offre la possibilità ai rappresentanti di una quarantina di progetti a basso e medio budget, accuratamente preselezionati, di effettuare una serie di incontri ad hoc con dei finanziatori potenziali: produttori, banchieri, fondazioni, agenti di vendita, ditributori e canali televisivi.
L’Hubert Bals Fund sostiene e finanzia il cinema indipendente nel mondo ed è riconosciuto a livello internazionale come una piattaforma di promozione per i nuovi talenti e per i progetti provenienti in particolare dall’Asia, dall’America Latina e dai paesi del centro e dell’est europeo. I film finanziati sono spesso mostrati durante il Festival; quest’anno se ne sono visti 22 in varie sezioni della manifestazione.
Il programma del Festival, complesso ed ambizioso, si struttura intorno a nove sezioni differenti che rimangono più o meno costanti da un anno all’altro.
La VPRO Tiger Awards competition è la sezione di punta: suo scopo è la scoperta dei nuovi talenti di domani. Ne fanno parte 15 film, opere prime o seconde di giovani registi.
Sturm und Drang comprende sia film di finzione che documentari ed è dedicata a una selezione di registi che esplorano con il loro lavoro nuove vie d’espressione e si caratterizzano per l’originalità del loro linguaggio cinematografico.
Time and Tide presenta dei documentari e dei film di finzione che fanno viaggiare nel mondo intero. Si tratta di opere che si focalizzano sugli aspetti sociali e politici delle varie realtà locali e culturali di cui trattano. Molti dei film di questa sezione sono stati realizzati con l’aiuto dell’Hubert Bals Fund. Una parte di Time and Tide denominata “Hinglish” è stata dedicata quest’anno a una serie di film indiani recenti che, battendo sentieri diversi da quelli di Bollywood, formano una corrente parallela e alternativa, impegnata sul piano artistico e sociale.
Kings and Aces, dedicata ai grandi maestri del cinema mondiale, ci ha presentato, fra gli altri, i film di Alexander Sokurov, Gus van Sant, Ermanno Olmi, Lav Diaz, Bela Tarr e Peter Forgàcs.
Short: As long as it takes è una sezione molto ricca che comprende una larga varietà di generi diversi: finzioni, documentari, saggi, videoarte e film sperimentali tutti con una durata inferiore ai 60 minuti. 20 fra questi film partecipano alla competizione “Tiger Awards for Short films”. As long as it takes ha accolto la manifestazione Starting from scratch che, oltre alla proiezione di film underground e sperimentali girati in super 8 o composti di found-footage, ha proposto una masterclass del regista austriaco Peter Tscherkassky e un workshop dell’americana Eve Heller.
Filmmakers and artists in focus è stato dedicato quest’anno alla riscoperta e alla valorizzazione sul piano internazionale dell’opera di tre registi: il giapponese Kobayashi Masahiro, l’americano Robert Breer, la russa Svetlana Proskurina e un artista visuale: l’americano Cameron Jamie.
Cinema regained è una sezione retrospettiva dedicata alla rassegna di film classici che hanno a loro volta ispirato delle opere nuove come è il caso di Le ballon rouge di Albert Lamorisse (1956) e di Le voyage du ballon rouge di Hou Hsiao-hsien (2007). Due programmi speciali completavano questa sezione: Rediscovering the forth generation e Pièce unique. Il primo era dedicato alla riscoperta della cosidetta quarta generazione di cineasti cinesi: un gruppo di artisti che avevano effettuato i loro studi negli anni ’60 e che avevano visto in seguito gelare le loro carriere per un decennio (1966-1976) a causa della rivoluzione culturale. Pièce unique ci ha mostrato dei film che costituiscono un’opera unica per i loro creatori. Fra queste rarità: Chant d’amour di Jean Genet, Der Verlorene di Peter Lorre e True stories di David Byrne.
Rotterdämmerung propone un programma eclettico e fuori dai sentieri battuti: luogo di incontro di forme ibride e fuori dal comune, in questa sezione si può assistere a fusioni insolite fra film dell’orrore, disegni animati e falsi documentari.
Exploding cinema esplora l’interazione fra cinema e arti visuali con esposizioni di video, installazioni, performance. La mostra Free Radicals è dedicata alle installazioni di Robert Breer, Cameron Jamie e Paul Sharits. New Dragon Inns esplora delle opzioni alternative alla proiezione classica di un film in sala. Il nucleo di quest’esposizione era composto da tre nomi di punta del nuovo cinema asiatico: Wang Bing (Cina), Tsai-Ming-Liang (Taiwa
n) e Apichatpong Weerasethakul (Thailandia), presenti con delle opere create appositamente per Rotterdam.
La produzione italiana è stata presente al Festival con cinque film, nessuno dei quali pero è stato selezionto per i prestigiosi Tiger Awards. Accanto a Mio fratello è figlio unico di Daniele Lucchetti, che ha ampiamente incontrato il favore degli spettatori arrivando quinto nelle liste di preferenze del pubblico, sono stati proiettati L’ora di punta di Vincenzo Marra, il documentario Biùtiful cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea d’Ambrosio e Peppe Ruggero e le opere di due maestri del cinema: Centochiodi di Ermanno Olmi e Medea miracle di Tonino de Bernardi.
Questa breve e sommaria panoramica delle varie sezioni del programma offre già un’idea dell’enorme quantità di materiale da vedere, impresa semplicemente impossibile nel lasso di tempo della manifestazione. La programmazione proteiforme obbliga fin dal principio alla scelta di percorsi ben definiti che, inevitabilmente, ne escludono altri e lasciano affiorare la questione sul quanto sia sensata, in termini di visibilità effettiva, quest’offerta quasi smisurata.
L’edizione 2008 dell’IFFR si è conclusa con la cerimonia ufficiale di premiazione. Ancora una volta fra i tre premiati con il prestigioso VPRO TIGER Award ci sono stati due film provenienti dal sud-est asiatico: Wonderful Town di Aditya Assarat (Thailandia), Flower in the pocket di Liew Seng Tat (Malesia); il terzo vincitore è stato il regista danese di origine libanese Omar Shargawi con Go with paece Jamil. Il premio FIPRESCI è andato a un altro film presente nella competizione dei Tiger: El cielo, la tierra y la lluvia del cileno José Luis Torre Leiva.
Un nuovo premio, il Dioraphte Award, destinato ai film finanziati dal Fondo Hubert Bals, è stato assegnato a Sandra Kogut per Mutum.
Il NETPACK Award, destinato a promuovere il cinema asiatico, è stato attribuito al regista taiwanese Niu Chen-Zer per What on earth have I done wrong? Una menzione speciale ha ricevuto Crude Oil, un’installazione video di 14 ore sulle dure condizioni di lavoro in un impianto di estrazione di petrolio nel nord della Cina, creata da Wang Bing espressamente per l’IFFR.
Con una leggera diminuzione in termini di affluenza (il numero di spettatori è stato di 355.000), il Festival di Rotterdam è rimasto fedele anche quest’anno alla sua reputazione offrendoci un programma innovativo, molteplice e non convenzionale, confermandosi come un foro privilegiato per la promozione mondiale del cinema d’autore. Pieno di nuove ispirazioni, di incontri visuali inusitati e di scoperte interessanti per i suoi ammiratori, forse un po’ troppo eclettico e dispersivo per i suoi detrattori, l’IFFR resta pur sempre un appuntamento da non mancare per chi ama un cinema inteso in primo luogo come prodotto artistico.