di Federico Vignali / Sole alto, per le sorprese emotive che riesce a regalare è uno di quei tipici film che è meglio andare a vedere senza conoscere troppo della storia o le sensazioni che poi potrà raccontare.
Usciti dalla sala però bisogna amaramente fare conto con tutto quello che purtroppo ancora ignoriamo o abbiamo finito colpevolmente di trascurare della guerra nella ex Jugoslavia.
Se un’altra pellicola pluripremiata sullo stesso argomento come No Man’s land di Danis Tanović prendeva spunto dagli aspetti più cinici e surreali del conflitto in prima linea, qui, Dalibor Matanić lavora molto di più sulle tracce invisibili che un trauma così sanguinoso può lasciare sul subconscio di tutta una nazione. Anche molti anni dopo l’ultimo massacro.
Nei Dubliners, James Joyce con la famigerata paralysis morale, è riuscito a rappresentare perfettamente quanto la politica e la religione abbiano cristallizzato un senso di immobilità e ristagno etico nella società irlandese di fine ‘800. In quei racconti la fuga, poi sempre destinata a fallire, sembrava davvero l’unica alternativa per i protagonisti. Anche in Sole Alto, Ivan e Jelena sono consapevoli che la divisione etnica che li separa nella propria terra potrà estinguersi solo lontano dalla Bosnia o dalla Croazia e che scappare è l’unica condizione che può tenerli uniti. L’odio e il razzismo tra quei popoli sembra trasmesso quasi geneticamente e in questo senso il regista trova soluzioni sceniche sublimi per rappresentare la continuità subcosciente e inconsapevole di questa degradazione.
Anche grazie agli attori e alla bellissima Tihana Lazovic, Dalibor Matanić rende perfettamente come la passione e la sensualità possano trasformarsi a contatto con la violenza e l’oppressione.
Se nel primo episodio la coppia di amanti vive con incoscienza la propria situazione, nel secondo troviamo che si assiste a tratti di grandi cinema per il modo in cui l’autore fa reprimere i loro impulsi in modo stentato e tormentato fino a farli esplodere in modo egoista e liberatorio.
Nell’ultimo, oltre ad assistere alla continuità delle storie d’amore e divisione, si apre anche un momento di riflessione interessante sullo stato di assuefazione e evasione a cui vogliono abbandonarsi i giovani di quelle terre.
Molto bella la colonna sonora. Questo è quanto.