di Federico Vignali/Roma ad agosto può avvicinarti a un tipo di calore che immobilizza e svuota ogni forma di pensiero legato al dinamismo o al movimento. Logicamente siamo tra quelli che l’adorano e che gli altri mesi ripetono sempre che il momento più bello è quando tutti gli altri partono. Purtroppo ogni anno, oltre a scenari di una bellezza sconvolgente, qui si può assistere anche a situazioni di degrado e abbandono decisamente desolanti. In questi giorni, le foto su tutti i giornali dei Parchi della nostra città lasciati bruciare dal sole e la vista di migliaia di alberi e irrimediabilmente secchi e senza acqua non sono solo il segno dell’ennesima disfatta dell’amministrazione, ma anche l’emblema di un inaridimento sensoriale che, ancora una volta, ci coinvolge tutti.

Sarà che abbiamo appena finito il libro di Gianni Rivolta La Tenuta delle Tre Fontanema una volta che si è consci di tutte le trasformazioni laceranti che ha subito il nostro territorio negli ultimi secoli, la condizione di immobilità regolata dal cemento a cui si è giunti ora sembra essere quasi Antistorica. Tanto più che questa fase sembra aver ridotto ogni nostro ulteriore intervento a favore della natura a essere del tutto irrilevante.

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Siamo sempre stati affascinati dall’idea che al posto del Colosseo prima ci fosse un lago artificiale, o che a San Pietro un faggeto e addirittura a Piazza del Popolo una foresta di pioppi. Guardare adesso il panorama di Testaccio de Io la conoscevo bene di Pietrangeli o il lungotevere de La Commare secca di Bertolucci, ora irriconoscibili, rende quei film di una bellezza inscalfibile. Roma allora era circondata da marane e da una rete di canali idrici che rendevano il verde quasi invincibile. Le costruzioni venute dopo logicamente hanno soffocato tutto. Leggendo il testo di Rivolta è stato interessante venire a conoscenza di come le zanzare e le paludi attorno all’area di Tre Fontane siano riuscite a resistere a tutto: invasione dei mori, la peste, le truppe napoleoniche, i nazisti e Mussolini. Solo con i grandi palazzinari degli anni ’50 e ’60 però hanno trovato uno smacco più o meno eterno. Il racconto dell’autore si sofferma principalmente proprio sulla zona compresa tra Porta San Paolo, Eur e Laurentina. Ricordiamo che secondo la leggenda il nome di Tre Fontane deriverebbe dalle tre sorgenti che sarebbero sgorgate dal terreno nei punti in cui rimbalzò la testa di San Paolo al momento della sua decapitazione. Nel libro ci si cala nei processi e le trasformazioni di un territorio che come quasi tutti a Roma ha vissuto momenti cruciali nella vita religiosa, militare e politica della nostra storia. L’ostilità delle sue acque ha reso difficilissimo il popolamento di quella zona fino praticamente alla discesa di Napoleone a cui si deve un primo tentativo di razionalizzazione idrica. Ai Francesi durante i giorni della Repubblica Romana si devono cambiamenti radicali e importanti. I saccheggi e le profanazioni di cui furono protagonisti però sono alla base anche della diffidenza che le masse popolari poi avrebbero nutrito da allora in poi verso tutta la borghesia progressista e anticlericale. Con il ritorno dello Stato Pontificio si continuò incessabilmente l’opera di risanamento e valorizzazione della vocazione agricola di quel territorio. La malaria e la fatica della bonifica però uccisero decine di frati e un numero impressionante di prigionieri della colonia penale inviati nei conventi per i lavori forzati.

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La Basilica di San Paolo fuori le mura è forse uno degli spazi che preferiamo di più in assoluto e dove appena possibile torniamo sempre volentieri. Gianni Rivolta nel suo libro ci racconta anche del fascino e la nascita di tutte le strade lì attorno. Non sapevamo per esempio che Tor Marancia era soprannominata Shangai non per il fascino esotico, ma perchè le fogne furono costruite così approssimativamente che le strade si allagavano continuamente di mezzo metro. Oltre che di dettagli sulla conformazione territoriale il testo è libro è ricco anche di informazioni sulla composizione sociale di quei quartieri. Il fatto che in quelle strade si raggrupparono soprattutto contadini e operai delle pozzolane diede una coscienza è riconoscibilità di classe che si può raramente trovare altrove. Non è un caso che proprio alla Montagnola si tenne uno degli scontri più memorabili della popolazione contro i nazisti dopo l’armistizio.

Oltre al lavoro da storico, va apprezzato nell’autore il tentativo di rendere omaggio alla vocazione agricola di un quartiere ora totalmente trasfigurato. Nonostante gli svincoli e i grandi palazzi di oggi, quella tradizione è ancora tenuta in vita da un nutrito gruppo di cittadini che ha salvato dal degrado una vasta area abbandonata dando vita agli Orti urbani di Tre Fontane.

Pollan nel suo ultimo libro ragionava lucidamente sul fatto che l’uomo deve riuscire a venire a patti con l’ambiguità del suo ruolo. Inteso contemporaneamente come minaccia e soluzione per la salvaguardia della natura. Il piccolo saggio di Rivolta è un’esortazione fortissima a ricordarci da dove veniamo o dove dobbiamo andare.

 

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